Cannes 68 - Mon Roi, la recensione
La nostra recensione di Mon Roi, presentato oggi al Festival di Cannes
Mon Roi parte da qui. E lo fa con un flashback, ovvero all’incontro tra la protagonista e George, uomo tanto irresistibile, dolce, divertenete e generoso, quanto egoista, bugiardo e possessivo. Dipende dai momenti. Con lui si vivono solo estremi. O luna o abissi. Peccato che il suo lato oscuro si manifesti quando ormai Tony è già innamorata di lui. E, poco a poco, è disposta a perdonargli tutto. O almeno così pensa.
Realizzare una pellicola che abbia ancora qualcosa da dire di inedito, anche solo nella forma, sulle relazioni è senza dubbio un’impresa difficile. Tutto - o quasi - sembra stato già detto, ed è questo il difetto principale di Mon Roi, pellicola senza dubbio ben girata, scritta ed interpretata, ma che ruota attorno ad una sola idea, peraltro piuttosto nota a chiunque si sia mai innamorato: è difficile lasciare qualcuno di cui si odiano i difetti tanto quanto si amano i pregi. Al festival di Cannes, dove il film è stato presentato in concorso, si è visto e si continuerà a vedere, sicuramente di peggio (primo tra tutti un altro film francese in competizione, Julien e Marguerite di Valérie Donzelli), ma da una vetrina del migliore cinema autoriale contemporaneo forse è lecito aspettarsi qualche scelta più coraggiosa.