Cannes 68 - Louder than bombs, la recensione
Alle volte non è tanto quel che accade nel film ma quanto le persone siano in grado di stimolare interesse. In Louder than bombs questo è pari a zero
Fastidiosmente organizzato per esibire i suoi simbolismi (le foto, lo sguardo, l'educazione, il mondo videoludico come universo a parte, separato accogliente e ottundente...) Louder than bombs si agita molto ma stenta realmente ad esprimersi. Le sue scene di ordinaria catastrofe e di quotidiana disperazione sembrano pensate per essere analizzate a posteriori e non per essere un racconto. La pochezza narrativa dell'intreccio e la quasi assente capacità di Trier di appassionare alle vicende, o anche solo alle singole personalità è disarmante. Anche nei pochi momenti che in cui il film sembra aver messo a fuoco almeno uno dei suoi tre protagonisti, inevitabile arriva un cambio di scena o quella trama viene abbandonata. Per ogni momento quasi toccante, come il percorso verso casa al mattino del più piccolo dei figli, sopraggiunge un fastidioso flashback. Per quanto possano essere interessanti gli eventi, non c'è modo di interessarsi di queste persone.