Cannes 68 - Irrational Man, la recensione
La nostra recensione di Irrational Man, il film di Woody Allen presentato al Festival di Cannes
La filosofia è soprattutto una serie di masturbazioni verbali
Irrational Man, Abe/Joaquin Phoenix, Woody Allen, 2015
Le bugie e Kant, il libero arbitro e Kierkegaard, la teoria di Raskòlnikov e Fedor Dostoevskij: se pensate che in Irrational Man ci sia filosofia (del resto il personaggio principale né è docente universitario) avete ragione, del resto nei film di Woody Allen viene sempre offerta allo spettatore una personale visione della vita. Un gesto efferato può essere reputato moralmente giusto se a trarne benefici è l'intera collettività? Quali sono i confini dell’etica e quanto possono essere aggirati dialetticamente? Fin quando è giustificato l’individualismo? E, soprattutto, quanto conta la fortuna nei destini di tutti noi?
Ragionando in questi termini Irrational Man è un film riuscito, speculare a Match Point per tematiche e riferimenti letterali - un collegamento che lo stesso Allen sottolinea quando, dopo aver inquadrato Delitto e Castigo, taglia su una partita di ping pong - , ma meno forte proprio perché in parte “già visto”. Il suo continuo gioco di paradossi, mettere un personaggio davanti a scelte estreme (un espediente che concettualmente parte dal titolo visto che il suo “uomo irrazionale” è in realtà il personaggio più lucido e pragmatico della storia), trascina lo spettatore ad un epilogo che non può che essere sorprendente per come ogni dettaglio narrativo precedente, anche il più banale, assume improvvisamente un significato sostenaziale.
Tutto è connesso. Lo sapevamo già prima del film? Sicuro. Ma è sempre un piacere farselo ricordare da novanta minuti di Woody Allen.