[Cannes 67] The Homesman, la recensione
Presentato a Cannes il Western diretto da Tommy Lee Jones, con lo stesso Jones e Hilary Swank nel cast. La nostra recensione...
A distanza di nove anni l’attore del New Mexico torna dietro la macchina da presa. Stavolta la sua ispirazione è un libro, The Homesman di Glendon Swarthout, pubblicato nel 1988, ma ambientato a metà 1800, quando gli Stati Uniti si allargavano ad est e chi abitava nei Territori orientali era considerato un pioniere.
Proprio uno di loro, una donna, è la protagonista di questa storia. Spinta da un’umanità più unica che rara, è lei che si offre di scortare tre malate di mente dal Nebraska all’Iowa che lì troveranno l’ambiente e le cure di cui hanno bisogno. Accanto a lei in questo lungo viaggio c’è un anziano cowboy, un disertore dell’esercito che da anni vive alla giornata e che la donna si trova accidentalmente a salvare da un’impiccagione. Il viaggio dei cinque è lungo e sconta tutte le difficoltà tipiche delle lunghe attraversate per il deserto: gli sbalzi di temperatura, la fame e gli incontri imprevisti. Manca un vero nemico e la ragione è che per quanto, per certi versi, si possa parlare di western vecchio stile per regia ed ambientazione, Tommy Lee Jones preferisce soffermarsi sull’aspetto drammatico della vicenda, a partire sia dalla pazzia sia della tre donne che dell’eccentricità di carattere dei due personaggi principali.
In questo film basato essenzialmente solo su due personaggi (le tre malate di mente fanno soprattutto da contorno), sia Tommy Lee Jones che Hilary Swank dimostrano ancora una volta di fare parte di una classe di attori incapace di sbagliare un colpo. E se per Tommy Lee Jones questa è una costante che si ripete più volte l’anno, per l’attrice due volte premio Oscar è la conferma che il talento non si ferma con l’inattività (ha una media di uno l’anno negli ultimi sette anni).