[Cannes 66] Solo Dio perdona, la recensione
Il film più atteso di Cannes delude chi si aspettava un sequel spirituale di Drive. Refn prende la forma del cinema di serie B e la riduce a una riflessione complessa e poco commerciale sulla violenza...
Nei due anni che hanno seguito l'arrivo di Drive il suo regista Nicolas Winding Refn, fino a quel momento passione per pochi, si è tramutato nel massimo oggetto del desiderio cinefilo, il danese che gira come gli americani ma con un salto intellettuale in più, il nuovo che avanza, l'autore intellettuale che piace al pubblico commerciale, il regista che tutti amano amare, il poster che tutti appendono in camera.
Tutto parte da una storia poliziesca, contaminata di moltissimi temi del cinema violento di serie B (notoriamente amato dal regista). Due fratelli appartenenti ad una famiglia mafiosa americana si sono trasferiti in Thailandia perchè uno dei due ha ucciso il padre e il film si apre con la morte di uno dei due, ucciso per aver ucciso a sua volta una donna. L'evento scatena l'arrivo a Bangkok della madre padrona, pronta a fare vendetta a tutto spiano, altamente insoddisfatta (come da sempre) del suo secondogenito. La vendetta è però più facile a dirsi che a farsi perchè un ex poliziotto armato di spada non si lascia uccidere facilmente e risponde per le rime.
Via l'azione, via i dialoghi superflui, via il sentimentalismo, via qualsiasi evento non strettamente indispensabile. Solo Dio perdona è un film che indugia nelle proprie atmosfere, che con una fotografia pazzesca ricostruisce gli ambienti del cinema di serie B e, come in fermi immagine, per cogliere lo spirito di quel cinema senza averne la carne.
In più è un film che, sottratte come si diceva tutte le altre componenti, rimane a macerare sulla violenza, a questo punto fine a se stessa. Ognuno ha una motivazione per uccidere ma la girandola di vendette e omicidi è tale che ad un certo punto sembra uno showcase di efferatezza (quella sì, mostrata con creatività e in modo insistito). Come per Valhalla rising anche qui l'idea è cercare di cogliere la forza e la violenza pure, in tutto il loro terrore e la loro bellezza, ma diversamente da quel film in questo Refn sembra essere riuscito ad andare un pelo più avanti.
Il risultato, a questo punto è facile intuirlo, non è assolutamente un cinema per tutti ma un'opera per pochi, per amanti delle atmosfere rarefatte, dell'indugio sui primi piani e per chi cerca un cinema che batta percorsi alternativi.