[Cannes 66] Behind the Candelabra, la recensione
Inspiegabilmente in concorso, il film tv HBO sulla vita di Liberace è un polpettone ruffiano che fallisce ogni proprio obiettivo e regala solo contentini...
Fin dal titolo il nuovo film di Steven Sodebergh non vuole riservare sorprese. Il biopic su Liberace è intitolato come il più turpe dei libri intervista e racconta la più fasulla delle storie "corrosive", in realtà facendo innamorare ancor di più il pubblico del personaggio (almeno quello che nè è già innamorato, o se non altro lo conosce).
Benedetto da una fotografia particolarmente in forma (è sempre Sodebergh a curarla con il consueto pseudonimo) che sembra rimandare agli ultimi lavori di Kubrick e gioca tutto sugli interni e le rifrazioni di lampade, lampadari e luminarie varie su oro, ottone e specchi (usando così elementi della vita del personaggio per creare un ambiente che abbia un significato), nonchè da un umorismo particolarmente forte, il film se la cava così, con il minimo indispensabile, mancando ogni appuntamento con la missione prefissata ma regalando contentini a piene mani.
Periodicamente Sodebergh dichiara di voler smettere di fare film e non si comprende come mai non metta in pratica il suo proposito se, com'è evidente, non ne ha più la voglia.