[Cannes 2016] Pericle il nero, la recensione
Film di genere che invece non è di genere, Pericle il nero è un vero classico italiano di cui non sentiamo davvero il bisogno
Premesse d'azione e disperazione che portano soltanto a sguardi intensi e aspirazioni mal comunicate (quando non arrivano per direttissima grazie alla voce fuoricampo). Ciò che accade nel periodo di esilio è infatti una storia d'amore con una donna sconosciuta che risveglia un desiderio di normalità, e questo è il vero cuore del film, non gli inizi criminali o il finale anche abbastanza inusuale per un noir. Nella lunga e preponderante parte centrale del film Pericle non è più un criminale, non ha praticamente nulla di quel che abbiamo conosciuto di lui o della maniera in cui ci è stato presentato, è un personaggio tradizionale del cinema italiano d'autore, un meridionale duro che apre la sua scorza grazie all'amore. Anche il bel dettaglio dell'essere drogato si perde assieme alla sua prima vita. Una svolta entrato nel vivo il film non ha più nulla del poliziesco, non ne ha più le notti e i colori, i tagli o i movimenti, comincia ad indugiare su scene quotidiane, a usare i non detti e i sottotesti come arma principale e non come strumento per suggerire altro. In una parola comincia a pretendere che lo spettatore lo segua in un percorso molto poco interessante e aleatorio, molto difficile e per nulla centrato, invece che coinvolgerlo in un'avventura appassionante.
Almeno Michele Alhaique con Senza nessuna pietà (film con più di un punto in comune con questo) aveva la decenza di ridurre la parte intimista allo stretto indispensabile, poco più di una concessione verso tre quarti della storia, prima del finale da puro poliziesco e dopo la grande introduzione metropolitana. Mordini invece nasconde il suo film d'autore dietro ad un dito, dietro ai capelli sporchi e acconciati alla samurai di Scamarcio, dietro a qualche sparuto colpo di pistola e alle fastidiose tute da criminale. Quello di Pericle il nero non è mai il mondo in cui è facile morire e difficile amare tipico dei noir, ma quello in cui in ogni cuore alberga lo spirito di un poeta tipico del più velleitario cinema d'autore italiano.