[Cannes 2016] Loving, la recensione
Jeff Nichols passa al cinema tratto da una storia vera mantenendo il suo stile essenziale e distaccato, ma Loving prova solo la sua inadeguatezza
Certo in sè è una novità che un simile tipo di storia, la cronaca sentimentale della conquista di un diritto civile, sia messa in scena con distacco. Solitamente tende a cavalcare un’opinione ormai comune attraverso una fiera di esagerazioni, enfasi e retorica. Eppure non è possibile scrollarsi di dosso l’idea che la visione di Nichols sia più povera che minimalista. La sua voglia di non calcare la mano non corrisponde mai a quella capacità straordinaria di riuscire con un tratto solo a sintetizzare quel che ad altri richiede più passaggi o più sottolineature, ma semmai all’impoverimento. Negli scenari scarni e negli svolgimenti essenziali di questo cineasta non si rintraccia la minima capacità di sintesi.
Alle prese con la materia puramente sentimentale, questo cineasta che al tema ci era andato solo vicino negli altri film, fallisce completamente e rivela tutta l’inadeguatezza del proprio stile.