[Cannes 2016] Julieta, la recensione
Con tutta la discrepanza tra corpo e vita interiore di cui è capace il cinema di Almodovar, Julieta ha la forza della maturità
E sebbene Julieta sia una storia che poco o nulla ha a che vedere con i corpi, perchè tratta della perdita e di come un lutto amoroso infesti la vita di un gruppo di donne, minandone i rapporti per decenni, lo stesso quest'obiettivo puramente sentimentale ha inevitabili ricadute fisiche.
Il film sembra voler approfondire solo una parte della trama di Tutto su mia madre, occupandosi più nel dettaglio di una morte (il motore principale del melodramma assieme al colpo di fulmine) simile a quella che apre quel film. Non ci sono una serie di Esteban a morire stavolta ma una serie di Xoan, personaggi dallo stesso nome, tutti maschi, che in una maniera o nell'altra annegano in fiumi o, ancora più almodovarianamente, in mari in tempesta, lasciando le donne nel loro mondo di colori accesi, di vestiti rossi e smalti rossi in evidenza dentro auto rosse. Può succedere qualsiasi cosa ma l'obiettivo rimarrà sempre su Julieta e il suo dolore, intento a capire tramite l'apparenza delle cose, e quindi anche tramite il corpo, come la sua femminilità reagisca a quello struggimento e come ne possa uscire.Questo regista che ha nel travestitismo l'evidenza più diretta della propria ossessione per la differenza tra come si appare e quel che si sente, qui lavora tra passato e presente con due corpi differenti, due attrici che fanno lo stesso personaggio in età diverse. Eppure il film non compie questa scelta per ragioni di realismo (di quello ad Almodovar non è mai importato nulla, grazie a Dio) ma per raccontare il decadimento. Julieta passa da giovane a matura non con lo scorrere del tempo ma con uno shampoo che segna una maturata rassegnazione al lutto. Il corpo segna il nuovo status, come il corpo di Ava la abbandona per un ictus e il corpo della figlia adorata, più cresce più perde femminilità per schiudere infine un segreto.
Sarebbe audace definire Julieta come uno dei film migliori di Almodovar ma è anche evidente che fino a che questo regista continua a ragionare in questa maniera, continua cioè ad usare immagini, corpi e intrecci con una simile complessità (il fenomenale turbinio di coincidenze ha il consueto dissonante stridore con il realismo sentimentale), nessun suo film costituirà mai un passo indietro. Qui non si trova nè il tragedismo disperato delle sue opere più celebrate, nè il ribellismo degli esordi, nè la leggerezza magnifica di Volver o il rigore intellettuale di La Pelle Che Abito, eppure lo stesso Julieta si muove con uno stile talmente originale e personale da regalare sorprese e spunti inediti. Non si può fare a meno di scrivere che senza eccezioni il cinema di Almodovar, anche in questa fase, continua ad essere uno dei più puri e godibili, dei più complessi e stratificati possibili, una vera e autentica indagine del mondo (e del sesso femminile) da un punto di vista personalissimo comunicata con straordinaria empatia.