[Cannes 2016] Fiore, la recensione
Romantico come poche cose lo sono oggi eppure anche privo degli estremismi e del manicheismo melò, Fiore è uno dei migliori film di Cannes
Se la prima parte di qesto gioiello di film, quella della nascita di un amore così semplice e banale che commuove, è la più riuscita è anche e soprattutto per la maniera in cui lo spazio scenico della galera è utilizzato, per come i carrelli in cui lasciarsi i messaggi sono lasciati in un angolo sporco, per come non sono enfatici i punti in cui avviene tutto. Sembra che più Giovannesi utilizzi gli spazi per rendere la distanza, più il senso romantico cresca, più i personaggi si trovino in posti che raccontano la difficoltà con le loro barriere, più la loro lotta diventi concreta.
A questo punto qualsiasi altro film molto più banale e desideroso di acchiappare a tutti i costi il suo pubblico avrebbe continuato sul medesimo tono dell'inizio, spingendo sul melò, mettendo quindi questo genitore sconfortante in condizione di deludere la figlia con un ordine sempre crescente di intensità. Fiore non è così. Giovannesi regala a Mastandrea il beneficio della complessità che solitamente si riserva ai protagonisti, per mettere in scena un mondo dalle risposte mai facili. Dunque anche ciò che nella parte melò del film è necessariamente il lato "cattivo", la matrigna straniera e bastarda, il padre anaffettivo che priva la protagonista di amore, nella seconda beneficia di sfumature e si stacca con una nettezza e una decisione impressionante da quelle caratteristiche di cinema di serie B in un abito di serie A che sembrava aver assunto. Proprio quando pensiamo di aver capito cosa sia il film a cui stiamo assistendo questo ci stupisce, di fatto affermando la sua aderenza alla realtà con la stessa forza con cui lo fanno i volti dei due amanti, veri e lontanissimi dagli standard di regolarità e perfezione degli attori professionisti.