[Cannes 2016] La Fille Inconnue, la recensione
Soli e abbandonati nel mondo viviamo in balia delle scelte che noi e i nostri simili facciamo, La Fille Inconnue è una nuova favola morale dei Dardenne
Il destino e la vita sono la combinazione di una serie di scelte che hanno a che vedere con il contrasto tra il nostro interesse e quello degli altri, le operette morali dei Dardenne di questo parlano ogni volta, ma a differenza delle favole classiche non esistono per indicare una via, quanto per intorbidire le acque. La favola morale classica ha nella chiarezza espositiva dei ruoli il suo centro, nell’indiscutibile sicurezza con cui afferma cosa sia giusto e cosa sbagliato il suo senso. I film dei Dardenne sono l’esatto contrario, mostrano come tutto quel che ci sembra giusto a posteriori non lo è a priori, attraverso il cammino di una persona che tenta di fare la cosa più corretta.
Pur non parlando mai di religione i Dardenne non fanno che affermare che siamo soli e abbandonati, dallo stato come da qualsiasi cosa ci trascenda, siamo esseri umani soli con le nostre scelte che tornano costantemente ad assillarci e infestarci la vita. I loro protagonisti sempre così distanti da tutto, tranne in un pugno di scene dall’emotività controllatissima, vivono i contrasti più duri con la serietà più necessaria. Da soli e con le loro avventure affermano che non esiste una vera guida morale ma solo situazioni particolari in cui prendere decisioni che saranno valide e buone solo per quel caso. E questa è la parte più difficile dell’essere vivi.