[Cannes 2014] The Search, la recensione

Dopo il pluripremiato The Artist, Michel Hazanavicius e Berenice Bejo tornano a collaborare insieme con The Search...

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Dopo un film originale come The Artist Michel Hazanavicius doveva cambiare completamente genere per evitare paragoni e dimostrare di essere un regista in grado di misurarsi a livelli eccellenti con qualsiasi tipo di storia.

Ci ha provato con The Search, racconto corale ambientato nel 1999, primo anno della seconda guerra cecena. Un bambino di dieci anni scappa da una possibile esecuzione da parte di due esaltati soldati russi arrivati nel suo villaggio. Pensa che il resto della sua famiglia sia stato ucciso, in realtà la sorella è ancora viva e si mette alla sua ricerca. Nel frattempo seguiamo la storia anche dell’addestramento di un soldato russo e di una funzionaria della commissione per i diritti umani dell'Onu che, successivamente, si troverà ad accogliere proprio il bambino. In un contesto generale in cui tutto è in divenire, si accumulano tragedie e nessuno riesce ad immaginare una possibile soluzione, i quattro personaggi vivono le rispettive storie cercando una serenità che non potrà che essere parziale.

Con The Search l’obiettivo di Hazanavicius era sicuramente ambizioso. Riuscire a trovare un equilibrio tra la necessità di raccontare una guerra di cui non si era ancora mai parlato al cinema, non almeno con un film con star, senza apparire banali e allo stesso tempo alternando dramma e spettacolarità.

Il risultato è quasi fallimentare.

La colpa principale non è tanto nella regia, alcune sequenze, soprattutto quelle del conflitto, sono apprezzabili e si seguono con tensione, ma nella sceneggiatura. Non solo la storia portante, quella della ricerca del bambino è abbastanza debole, ma anche tutto ciò che accade intorno non desta particolare interesse apparendo quanto di più scontato ci possa essere. Ok, i russi sono stati dei veri criminali di guerra e i ceceni vittime, ma è possibile che un film ci riesca a dire solo questo? Non si parla della verità storica, ma dell’esigenza, per una pellicola di due ore e mezzo, di trainare qualche pensiero o considerazione più profonda del semplice “abbiamo il dovere di fare un film sulla guerra cecena”. L’unica storia interessante tra le quattro è quella del soldato russo, ma è un po’ poco. Davvero peccato. Non solo The Artist, ma anche i due OSS 117 diretti dal regista francese prima dell’Oscar erano molto gradevoli. Ed invece con un budget da 22 milioni di euro ha realizzato il suo peggiore film.

 
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