Cani sciolti, la recensione
E' di un regista islandese da tempo attivo in America il buddy movie più onesto, sincero e rispettoso dei principi viril-goliardici del genere tra quelli visti quest'anno...
Ci ha provato per un po' Baltasar Kormakur a portare in America il suo modo di fare cinema d'azione e di criminalità alla islandese, poi ha ceduto. E per fortuna.
Infatti quel che si capisce da questo lungo duetto di Mark Wahlberg e Denzel Washington è quanto Kormàkur abbia digerito (e si sia divertito a farlo) il cinema di John Woo e ciò che ha comportato per l'action americano, quanto sia capace di filtrare quel modo di concepire l'eroismo e le figure protagoniste o anche solo l'epica che il senso di coolness può creare, attraverso l'ironia e la totale mancanza di integrità, coerenza e onore dietro i personaggi americani.
Se fosse un esercizio di stile Cani sciolti sarebbe "Come creare due protagonisti epici senza dare loro la minima statura ma massimizzando lo stesso il divertimento con onestà" e nella girandola (anch'essa molto asiatica) di cambi di fronte, scambi di persona, travestimenti e agnizioni, i cani sciolti del titolo (e che titolo!) vagano alla ricerca di soldi e sentimenti, confondendo spesso i due e amandosi più a vicenda di quanto non facciano con gli oggetti del loro desiderio. E' il sentimentalismo del cinema d'azione classico quello più autoriferito che eterodiretto in cui due attori esaltano l'uno gli assoli dell'altro scambiandosi di continuo il ruolo di spalla e solista, per affermare alla fine che benchè ognuno cerchi la donna è solo con l'altro uomo che sta veramente bene.
Per arrivare a quel livello di equilibrio in cui il film scorre senza intoppi, grumi o salite e discese faticose, Kormàkur lavora di montaggio e sottrazione, riuscendo a tagliare tutto il superfluo per lasciare che le scene (spesso e volentieri non eccessivamente collegate tra loro) si alternino seguendo un filo magari non troppo logico ma decisamente ritmico.