Cambio tutto, la recensione
Alla quarta commedia di fila Guido Chiesa raffina il suo stile e trova un tema internazionale, ma Cambio Tutto soffre ancora di difetti nazionali
Cambio tutto infatti si maschera da quel che non è, finge di essere una commedia all’americana sul tipo di Bugiardo Bugiardo, quelle in cui qualcosa cambia nel personaggio principale e lo rende diverso mostrandogli che effettivamente può essere diverso, migliore, e il mondo cambierà intorno a lui, e invece è altro. Dietro quella maschera di film individuale, su una persona che cambia risolvendo i suoi problemi, ad essere contrabbandata è una storia di pura rivendicazione di categoria, cioè sui problemi di tutte le persone come la protagonista.
Questa dinamica non è impeccabile perché fa spesso molta confusione tra rivendicazioni di categoria (cioè tutti i casi in cui è sminuita in quanto donna) e problemi personali (tutti quelli in cui i suoi tratti caratteriali causano le sue difficoltà). Nel caos tutto diventa un problema di genere.
È ben più riuscita l’idea di fare una commedia davvero leggera con al centro una donna che non imiti quelle maschili ma che si confronti con problemi e visioni del mondo femminili (cosa rara da noi, dove se c’è una donna al centro di tutto si scherza sempre poco) anche se la confezione (in miglioramento rispetto ai film precedenti) non è ancora perfettamente all’altezza degli standard internazionali ed è viziata da problemi comuni a gran parte della commedia nostrana. Uno su tutti l’inconsistenza dell’umorismo. Valentina Lodovini forse è una delle attrici migliori per tentare questo tipo di cinema (per storia, immagine, carica e fisico) ma non ha una forza comica prepotente e la scrittura sembra non aiutarla. Intorno a lei un universo di macchiette mai davvero riuscite eccezion fatta per Libero Di Rienzo (che con poco fa ridere e crea un personaggio davvero onestamente ridicolo e umano).