Call of Duty: Infinite Warfare, la pesantezza dell'essere - Recensione
Call of Duty: Infinite Warfare prende in maniera decisa la via dello sci-fi, introducendo alcune novità ma fallendo nel rinnovarsi: la nostra recensione
Call of Duty: Infinite Warfare è una produzione persino stordente, in alcune occasioni, per impatto scenico, schiaccia il giocatore e il gioco sotto una mole di sequenze spettacolari, entusiasmanti anche, ma talmente rutilanti e frequenti da venire a noia. Il divertimento intrinseco dell'FPS? Viene dopo. Infinity Ward, ormai lo sappiamo, non ha più il tocco di una volta, ma ciononostante non si può fare a meno di desiderare, mano a mano che si procede nella storia, un qualcosa che possa arrivare a variare, anche solo per un po', un ritmo di gioco sostenuto ma sempre tremendamente costante. Seguire la storia, quella del capitano Reyes, è persino più facile che negli altri capitoli della serie, perché è narrata dal punto di vista di un unico personaggio, non tramite quello di molti, ma si fa veramente fatica, dopo i primi momenti, a lasciarsi coinvolgere da una produzione che fa molto per stupire e poco per innovare.
L'impegno pare di avvertirlo, ma è solo di facciata. Accompagnare alle tradizionali fasi FPS a base di intensi scontri a fuoco i dogfight a bordo dei Jackal, mezzi aerospaziali, o momenti a gravità zero nello spazio funziona solo quando se ne fa esperienza la prima volta. Già alla seconda vengono a noia, perché in realtà figlie dello stesso principio, quello della spettacolarità ad ogni costo e del divertimento ludico come elemento secondario. Ecco quindi che le battaglie aerospaziali sono guidatissime, perché una volta agganciato un nemico basta solo sparare, e le sparatorie in spazio aperto sono assolutamente prive di mordente, scriptate alla maniera di dieci anni fa, con i nemici che vengono fuori quasi dal nulla.
"Mancano originalità e mordente, si avverte una opprimente sensazione di pesantezza"[caption id="attachment_163104" align="aligncenter" width="600"] Agli ordini[/caption]
Anche il multiplayer è figlio della stessa filosofia di fondo, della spettacolarità ad ogni costo, e basta vedere alcuni armi ed alcuni reward per rendersene conto, ma per ovvie ragioni deve sottostare a esigenze diverse, quelle di giocatori che vogliono un comparto multigiocatore competitivo e non eccessivo. Il gioco cammina, in tal senso, su un filo, visto che da un lato c'è un'azione crudele e rapida, che poco spazio lascia ai giocatori occasionali, dall'altro svaccamenti capaci di obliterare giocatori come se non ci fosse un domani, ma tutto sommato riesce a tenersi in equilibrio. L'introduzione dei kit, in sostanza classi con determinate abilità, è apprezzabile ma in realtà non particolarmente significativa, il meglio il comparto multigiocatore lo esibisce nella quantità di modalità, armi, perks; di quantità discreta le mappe, generalmente simili tra loro, piccole e senza particolari orpelli. Menzione merita anche la ormai classica modalità zombie, ambientata in un luna park, nella quale affrontare orde di non morti potenziando progressivamente il proprio arsenale: smaccatamente anni '80 e per questo stuzzicante, ripetitiva e per questo poco intrigante sul lungo periodo.
Più ombre che luci quindi per Call of Duty: Infinite Warfare, produzione dal valore discreto, ma che è totalmente priva di identità. La standardizzazione dei capitoli della serie è evidente, nel gameplay così come persino nell'estetica, supportata da un comparto tecnico solido ma che non stupisce; il gioco prova a sfuggirne, ma le soluzioni che propone non fanno altro che appesantirlo.