Call My Agent - Italia 2, la recensione della seconda stagione
Prende una direzione più convenzionale Call My Agent - Italia 2 e attorno alle storie dei talent (sempre gustose) il resto si spegne
La recensione di Call My Agent - Italia 2, disponibile su Sky dal 22 marzo
Cosa racconterà la stagione 2 di Call My Agent - Italia
Le sei nuove puntate con altrettanti nuovi talent che fanno da guest star sono completamente diverse dall’equivalente francese. La prima stagione se ne distanziava progressivamente, adesso il legame non c’è più se non per l’impostazione dei singoli personaggi e i rapporti di forza che esistono tra di loro. L’agenzia in cui lavorano, la CMA, continua a navigare in acque pericolose, qualcuno deve comprarla e un nuovo proprietario arriverà lungo questa stagione. Le storie individuali (meno sviluppate rispetto alla prima stagione) proseguono l’evoluzione sentimentale. Ci sono più amori, nuovi amori, amori aboozzati e anche Lea, il personaggio più duro che all’amore preferisce il sesso, sembra ripensarci. Sul lato della storia degli agenti Call My Agent enfatizza le tipiche componenti melò della produzione seriale italiana.
Un progetto che compie dei passi indietro rispetto alla prima stagione
Quello che stupisce quindi è come mai, a fronte di tutto questo, la seconda stagione appaia così più caotica, meno precisa nella scrittura, meno chiara nei suoi raccordi e più diseguale. La precisa costruzione dei rapporti di forza e degli intrecci di gruppo (con tutti i limiti di una serie in cui ogni puntata ha un arco che deve concludersi) è molto meno precisa, e questo inficia non poco le storie degli agenti. Gli archi narrativi di ogni talent all’interno della puntata sono inalterati e dipendono molto da come questi impostano la propria partecipazione (si va dalla maniera in cui Serena Rossi e Davide Devenuto si mettono a disposizione, alla follia che Gabriele Muccino accetta cavalcandola, all’atteggiamento molto più timoroso di Valeria Golino e Valeria Bruni Tedeschi), mentre quelli degli agenti sono ben più pasticciati.
Non è un caos voluto, perché non rispecchia niente della trama, è una diffusa mancanza di coerenza nei toni, nelle battute e nelle interazioni, come se in fase di scrittura si fossero alternati nomi diversi invece di una mano unica (come invece è stato). Non è sufficiente a compromettere la godibilità: Call My Agent ha il vantaggio di essere sempre illuminato dalla luce del metalinguaggio e di trovare nei suoi talent e nell’ironia con cui accettano (chi più chi meno) di cavalcare una versione di finzione di sé che non dice niente di vero su di loro ma tutto di vero sul mondo in cui si muovono, uno strumento di coinvolgimento che è quasi impossibile non funzioni. Ma così è pure molto evidente che in un prodotto da televisione a pagamento, sofisticato e per un pubblico esigente, si fanno strada, espedienti, piccolezze e difetti da serialità generalista, quella in cui alla precisione del lavoro si preferisce il divertimento (o la comodità) di chi ci ha lavorato.