Cadillac Records - La recensione

La storia dell'etichetta Chess Records e dei suoi artisti, come Muddy Waters, Chuck Berry ed Etta James. Un lavoro interessante con un ottimo cast, passato inosservato in patria...

Condividi

Recensione a cura di ColinMckenzie

TitoloCadillac RecordsRegiaDarnell Martin
Cast
Adrien Brody, Jeffrey Wright, Columbus Short, Cedric the Entertainer, Mos Def, Beyoncé Knowles
Uscita29-05-2009 

La stagione degli Oscar presenta sempre decine di vittime. D'altronde, il meccanismo è spietato: qualsiasi prodotto possa risultare interessante e meritevole di premi, viene proposto tra fine ottobre e dicembre, con un ovvio sovraffollamento rispetto alla richiesta di mercato. Certo, molti titoli che scompaiono non meritavano grandi risultati, ma qualche piccolo prodotto interessante c'è. In questo elenco ristretto, metterei tranquillamente Cadillac Records, perfetto esponente di quella categoria di film medi (con qualche punta verso l'alto) di cui tanto si sente il bisogno. Nulla di eccezionale, per carità, ma se penso all'interesse suscitato da un prodotto mediocre come Dreamgirls qualche anno fa, Cadillac Records meritava sicuramente più degli 8 milioni incassati negli Stati Uniti.

Intanto, è sorprendente che un prodotto con una ricostruzione d'epoca così interessante sia costato soltanto 12 milioni. E' un esempio perfetto di budget utilizzato benissimo e che certo non dà l'impressione di un lavoro a basso costo. Basti pensare alla notevole direzione della fotografia di Anastas Michos, che ci permette di immergerci in una realtà molto distante in maniera elegante, ma senza sfociare nel patinato gratuito. E anche il lavoro di regia, senza raggiungere picchi immensi, ha qua e là delle buone idee (come un ottimo montaggio tra le lacrime di una donna e un concerto scatenato).

Per quanto riguarda il lavoro sulla sceneggiatura, il discorso è complesso. Da una parte, si evitano parecchi stereotipi, soprattutto nel rapporto tra gli artisti (neri) e il discografico (bianco), che è decisamente più complesso e originale del solito. Dove però subentrano i problemi è nella natura aneddottica dello script, composto prevalentemente da una serie di sequenze che non sempre si collegano bene tra loro. Per questa ragione, c'è decisamente troppa carne al fuoco (forse qualche personaggio in meno non avrebbe fatto male, così come la strizzata d'occhio dei Rolling Stones non era fondamentale) e il rischio è di non approfondire adeguatamente i personaggi più importanti.

Sicuramente, la parte migliore del film sono gli attori. Adrien Brody, che dopo l'Oscar ha fatto tante scelte sbagliate, almeno in questo caso ha deciso di dedicarsi a una parte stimolante. Jeffrey Wright dimostra di essere sempre molto solido e rende giustamente il suo Muddy Waters il perno della pellicola. Ma le rivelazioni sono due. Una è il poco conosciuto Columbus Short, che nei panni di Little Walter affronta bene un ruolo rischioso e complesso. L'altra è Beyoncé Knowles, superstar che magari non ha bisogno di presentazioni, ma che finora non mi aveva mai convinto pienamente delle sue capacità recitative. Qui invece risulta credibile nei panni di un grande talento vittima delle droghe e di un'infanzia difficile. Nulla per cui prendere l'Oscar (anche a proposito del discorso fatto all'inizio), ma sicuramente un passo promettente...

Continua a leggere su BadTaste