Il Cacciatore e La Regina di Ghiaccio, la recensione

Un film inedito spacciato per sequel e adattamento, Il Cacciatore e la Regina di Ghiaccio è scritto con una povertà sconfortante ma cova un gioiello

Critico e giornalista cinematografico


Condividi
Ci sono due sorelle, due principesse e si vogliono bene. Una delle due però cova un potere che un trauma risveglierà: può comandare il ghiaccio. Il risveglio del potere comporterà anche un cambio di carattere e una fuga, l’isolamento da tutti in una fortezza di ghiaccio. Sottraendo il numero musicale con Let it go, Il Cacciatore e la Regina di Ghiaccio trova in Frozen (cioè nella fiaba di Andersen La regina delle nevi) il flashback antecedente ai fatti narrati in Biancaneve e il Cacciatore, utile per gettare le basi di questo sequel. Della fiaba originale non c’è più nulla, nemmeno i personaggi, perché il cacciatore di Chris Hemsowrth ha perso ogni somiglianza all’originale, così come la regina Grimilde, per non parlare poi della regina delle nevi.

Siamo in un mondo completamente inedito che è frutto dell’aggregazione di diverse proprietà intellettuali all’ombra di Biancaneve (continuamente evocata ma mostrata solo di schiena perché Kristen Stewart non era della partita stavolta, un espediente di una povertà imbarazzante che fa chiedere se non fosse meglio ignorare Biancaneve a questo punto), un mondo pienamente fantasy, libero da esigenze di aderenza a chissà che favole o svolgimenti. In buona sostanza questo sequel, che è anche un adattamento, è un film totalmente inedito contrabbandato da pappa scodellata per rassicurare il pubblico che vedrà qualcosa che conosce già e non una storia nuova.
Il resto è accademia, la classica parabola d’amore tra l’eroe (il cacciatore) e la vera eroina da cinema moderno, donna forte e volitiva a cui spetta il ruolo di risolvere le situazioni mentre la controparte maschile si occupa di fare la parte sentimentale della storia.

Purtroppo il vero problema è che in tutto il copione di Il Cacciatore e La Regina di Ghiaccio non è stato scritto nulla di realmente valido, niente di sorprendente o anche solo efficace, è pura pigrizia che si rispecchia anche in un film che procede di clichè visivo in clichè visivo, computer grafica inclusa.

Eppure nel film si agita un alieno, un demone che rende convincente ogni scena che la prevede. È Jessica Chastain, protagonista indiscussa a dispetto del titolo, amante furiosa, guerriera temibile, unica vera attrice in un cast di mestieranti di lusso, capace di impegnarsi come raramente si vede nel cinema commerciale, umiliando il resto del cast che pare in vacanza. Le tocca recitare il più tipico degli amori traditi e sepolti da risvegliarsi gradualmente, e di farlo accanto ad un manichino come Hemsworth. Accadeva già in La Madre, da sola regge un intero film, creando spandendo plausibilità e umanità al suo solo passaggio. Perchè quando guarda il suo cacciatore c’è uno smarrimento sentimentale nel suo volto che àncora qualsiasi altra bestialità la storia metta in scena ad un realismo emotivo concreto. Solo reagendo alle battute portate da Chris Hemsworth, Jessica Chastain dimostra cosa significhi recitare e cosa importi in un film: reagire a qualcosa.

Continua a leggere su BadTaste