Burn After Reading - A prova di spia

Un ex analista della Cia, un marito fedifrago e dei dipendenti di una palestra si incrociano in maniera incredibile. Momenti spassosi e Brad Pitt straordinario nel nuovo film dei Coen, ma manca un po' di cuore...

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Recensione a cura di ColinMckenzie

TitoloBurn After Reading - A prova di spiaRegiaJoel ed Ethan CoenCast

George Clooney,    Frances McDormand, Brad Pitt, John Malkovich, Tilda Swinton, Richard Jenkins

Uscita19 settembre 2008 

Se non ci fossero, i Coen bisognerebbe inventarli. Il fatto di fare un film all'anno e di passare senza problemi da thriller criminali a commedie dell'assurdo li mette tra i registi più importanti in circolazione attualmente, quelli che veramente fanno bene al cinema con il loro operato. Certo, non tutto è perfetto e pellicole come il remake di Ladykillers non erano certo fantastiche, ma il gioco vale sicuramente la candela.

Qui, poi, il confine tra cinema serio e divertente è labilissimo. Burn After Reading è una commedia, ma che viene girata (magnificamente, con una precisione ed eleganza da maestri) come un thriller. Difficile etichettare un film che è talmente stralunato, da far sì che le scene più divertenti (ma veramente tanto) risultano dei colloqui negli uffici della Cia, che risultano uno spasso, ma che ci fanno anche riflettere (volontariamente, presumo) su chi gestisce la nostra sicurezza. E che dire dei momenti poetici come le panchine al parco, ma anche genialmente volgari (perché tutto si può dire ai Coen, tranne che si prendono sul serio, neanche dopo la pioggia di Oscar) come il macchinario di Clooney. E se non vi fanno ridere neanche i preti ortodossi, il problema è vostro.

Come sempre nelle pellicole di questi regista, la differenza la fa il cast e qui siamo ad altissimi livelli. Sembrerà incredibile, ma quello che emerge maggiormente è un Brad Pitt assolutamente straordinario. All'inizio sembra eccessivo, ma poi trova una combinazione perfetta tra stupidità credibile e falsa sicurezza. Scandalizzerà qualcuno, ma questo a mio avviso è la sua interpretazione migliore di sempre. Un altro ruolo che ovviamente emerge è quello di Frances McDormand. Che fosse brava, lo sapevamo (e non solo per l'Academy Award a Fargo), ma qui crea un'incredibile femme fatale per caso, che rielabora genialmente i modelli del passato in una versione originalissima. Il suo personaggio ci dimostra che si può ottenere tutto, basta volerlo e non farsi troppi scrupoli (continuando comunque a sembrare una persona premurosa). Ma, come detto, tutto il cast funziona benissimo. Tilda Swinton ricorda il personaggio della moglie di John Cleese in Un pesce di nome Wanda e funziona ottimamente nella parte della semimegera, mentre Clooney esce dai suoi schemi abituali (semmai esistano) e dà vita ad un ruolo molto più complesso di quanto possa sembrare a prima vista. E poi, che dire di tante piccole parti irresistibili? In questo senso, la mia menzione speciale va allo strepitoso avvocato divorzista interpretato da J.R. Horne.

Purtroppo, la pacchia inizia a calare subito dopo un colpo di scena tipicamente di scuola Coen. Da lì, il film continua ad essere a tratti gradevole, ma gira un po' a vuoto e dando l'impressione di aver perso il proprio centro narrativo. Alcune cose sembrano tirate un po' per le lunghe, come il finale, che, nonostante sia spassosissimo, sembra un modo per chiudere la vicenda in fretta. Ma il vero problema della pellicola è il fatto che sembra essere fatta molto col cervello (e in questo senso i Coen non sono secondi a nessuno) e poco col cuore. E' veramente difficile, anche con tutta la buona volontà del mondo, appassionarsi a dei personaggi così stupidi. Nel Grande Lebowski il miracolo riusciva, forse perché i protagonisti assurdi erano dei puri di cuore, mentre qui tutti hanno degli obiettivi poco idealistici.

Comunque, sia chiaro. Dopo le ultime, deludenti prove comiche dei Coen (Prima ti sposo, poi ti rovino e soprattutto Ladykillers), questo è un deciso passo in avanti. Forse, la stupidità non è poi tanto male...
 

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