Buona Giornata, la recensione
Inesorabile come la Pasqua arriva il nuovo film dei fratelli Vanzina. Più asciutto, rapido e riempito di personaggi del solito e paradossalmente per questo meno melmoso...
La parte migliore del cinema dei Vanzina è che ogni scusa è buona per fare un film, non serve uno spunto particolare, basta intavolare situazioni e applicare il proprio stile, perchè il cinema non è soggetto ma sceneggiatura.
Paradossalmente questo delle molte storie slegate, raccontate in poco tempo è il format che calza meglio il cinema esteticamente garbato e sottilmente volgare dei due fratelli. Saltellando tra 7 trame senza il peso di una sceneggiatura che debba incrociarne i flussi a tutti i costi, il classico film-Vanzina esce meglio, più ritmo, più onesta e più rapidità. Un collage di gag pure (la risata chiaramente non abita da queste parti, al massimo il sorriso), storie talmente brevi da lasciare margine solo a microframmenti comici, come lunghe barzellette.
La pedissequa ripetizione dell'usurato del già visto e della battuta prevedibile (quella che scatta in testa due secondi prima che sullo schermo), non cambia purtroppo, come nemmeno la generale sciatteria di messa in scena, eppure è impossibile negare che il cinema personale e identificabile dei Vanzina trovi in questa tipologia di lungometraggio una collocazione comoda e confortevole. Certo su sette storie alcune proprio non funzionano (è il caso di Diego Abatantuono settentrionale in Puglia o della donna manager di Teresa Mannino che smarrendo la tecnologia regredisce a clandestina) eppure i loro contenuti leggeri, autoreferenziali e citazionisti della commedia anni '50 (l'inizio con voce narrante che presentata Christian De Sica è il medesimo di quello di Permette Babbo!), calzano come un guanto questo film riempito all'inverosimile di storie diverse ma tutto sommato asciutto e scorrevole.