Broken Rage, la recensione: la sintesi perfetta delle due anime di Takeshi Kitano
Dentro Broken Rage sono affiancati il Takeshi Kitano del cinema di yakuza serio, e il Kitano demenziale, incontenibile e refrattario a qualsiasi regola
Anche quando dirige un film drammatico o uno serio di yakuza, nella testa di Takeshi Kitano ci sono sempre le gag. Lo dichiarò lui stesso anni fa. Quando è sul set e gira le scene serie, ha sempre un’idea per farle diventare divertenti, l’istinto e il guizzo che le farebbero finire in farsa. Broken Rage mette in scena questa propensione. In 60 minuti di film, ripete due volte la stessa storia, scena per scena e quasi inquadratura per inquadratura. La prima volta è un serio film di crimine; la seconda è la sua versione demenziale. Praticamente una parodia a cui viene premessa la versione originale, così che il pubblico sappia cosa viene parodiato.
Più che uno studio su come una stessa sceneggiatura possa essere resa in modi diversi, è proprio uno scherzo sul tema della parodia, con un umorismo non diverso da quello di Ezio Greggio. Tuttavia, Kitano fa funzionare il tutto al massimo livello grazie al suo istinto fuori dal comune per il tempo comico (non solo è protagonista, ma è anche montatore). Broken Rage, con molta meno sofisticazione e profondità rispetto a L’estate di Kikujiro, è la distillazione in purezza delle capacità comiche di Kitano: pura gag in libertà e una forma di cinema inclassificabile, fresca e imprevedibile.