Broadchurch 3x07: la recensione

Nel settimo e penultimo episodio della terza stagione di Broadchurch, troppi elementi collaterali fanno riflettere sull'imminente finale di serie

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Spoiler Alert
Avvicinarsi alla fine di un viaggio durato tre stagioni è, per una serie, l'equivalente di un'imminente resa dei conti, che dovrà non solo garantire coerenza alla trama affrontata nelle puntate dell'ultima annata, ma anche inserirle nel quadro generale di un'avventura iniziata ormai quattro anni fa. In quest'ottica, il penultimo episodio di Broadchurch ci lascia non pochi dubbi, tutti ascrivibili alla varietà di storie in essa contenute.

Il cliffhanger della puntata precedente aveva appeso il destino di Mark Latimer a un filo; sebbene, affettivamente parlando, il pubblico fosse portato a sperare nella sopravvivenza del tormentato padre di Danny (e delle superstiti Chloe ed Elizabeth), una lucida osservazione dell'evoluzione del personaggio spinge a chiedersi dove, in effetti, l'autore Chris Chibnall volesse andare a parare. Lo spettro di Danny aleggia da molto tempo sulla serie targata ITV, e benché il dolore di Mark abbia offerto ancora una volta ad Andrew Buchan l'occasione di dimostrare le proprie sorprendenti qualità interpretative, l'intera storyline dei Latimer rischia di apparire, a un'occhiata superficiale, come uno strascico nostalgico privo di reale mordente, al di fuori della già citata affezione per i personaggi; discorso analogo a quello attuabile in merito alla vicenda di Maggie, che offre un cristallino esempio di cosa significhi fare giornalismo con coscienza, restando tuttavia in una linea narrativa isolata dalla storia principale.

Non è questa l'unica digressione rispetto al caso di Trish Winterman: Miller e Hardy continuano, di fatto, a dover fronteggiare i problemi dell'essere genitori single e, cosa più importante, di essere genitori di adolescenti piuttosto problematici. A una settimana dalla conclusione della serie, sembra piuttosto implausibile che il sovreccitato Tom Miller possa avere qualcosa a che vedere con i casi di stupro, iniziati due anni fa - epoca in cui, presumibilmente, la libido del ragazzino era ancora piuttosto bassa; se, però, il racconto del disagio di Tom ha il sapore di un fil rouge portato avanti sin dalla prima stagione, quello di Daisy Hardy trova più difficilmente una collocazione accattivante nel mosaico di storie e volti che è Broadchurch. Va dato atto a David Tennant di avere, anche in questo episodio, illuminato lo schermo con la sfuriata contro i compagni di scuola di Daisy, spogliato del tutto della propria professionalità pur di difendere la figlia vessata.

E le indagini? A un passo dal gran finale, com'era prevedibile, i sospetti contro Ed Burnett sembrano archiviati, mentre l'attenzione si concentra su Jim Atwood; senza dover usare alcuna sfera di cristallo, possiamo presumere che neppure l'uomo sia il colpevole degli stupri perpetrati negli ultimi anni nelle vicinanze di Broadchurch: e mentre Ian e Leo si discolpano davanti ad Alec e Miller, la nube del sospetto si addensa attorno al sempre più inquietante Clive Lucas, la cui raggelante collezione di cimeli viene rinvenuta dalla moglie in una chiusura di puntata che alza di molto la tensione, grazie al montaggio che alterna i vari sospettati alla scoperta decisiva, da parte degli agenti, di una corrispondenza del DNA trovato sul calzino usato per ridurre Trish al silenzio.

Portando negli occhi le luci dei cellulari delle donne radunatesi nella marcia di solidarietà per Trish e contro l'ignoto stupratore, ci avviciniamo con timore a un finale di serie che avrà l'ingrato compito di chiudere una storia che è entrata nel cuore del pubblico con le sue tinte discrete e i suoi protagonisti, alla ricerca di una serenità che, stagione dopo stagione, tarda ancora ad arrivare.

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