Broadchurch 3x07: la recensione
Nel settimo e penultimo episodio della terza stagione di Broadchurch, troppi elementi collaterali fanno riflettere sull'imminente finale di serie
Il cliffhanger della puntata precedente aveva appeso il destino di Mark Latimer a un filo; sebbene, affettivamente parlando, il pubblico fosse portato a sperare nella sopravvivenza del tormentato padre di Danny (e delle superstiti Chloe ed Elizabeth), una lucida osservazione dell'evoluzione del personaggio spinge a chiedersi dove, in effetti, l'autore Chris Chibnall volesse andare a parare. Lo spettro di Danny aleggia da molto tempo sulla serie targata ITV, e benché il dolore di Mark abbia offerto ancora una volta ad Andrew Buchan l'occasione di dimostrare le proprie sorprendenti qualità interpretative, l'intera storyline dei Latimer rischia di apparire, a un'occhiata superficiale, come uno strascico nostalgico privo di reale mordente, al di fuori della già citata affezione per i personaggi; discorso analogo a quello attuabile in merito alla vicenda di Maggie, che offre un cristallino esempio di cosa significhi fare giornalismo con coscienza, restando tuttavia in una linea narrativa isolata dalla storia principale.
E le indagini? A un passo dal gran finale, com'era prevedibile, i sospetti contro Ed Burnett sembrano archiviati, mentre l'attenzione si concentra su Jim Atwood; senza dover usare alcuna sfera di cristallo, possiamo presumere che neppure l'uomo sia il colpevole degli stupri perpetrati negli ultimi anni nelle vicinanze di Broadchurch: e mentre Ian e Leo si discolpano davanti ad Alec e Miller, la nube del sospetto si addensa attorno al sempre più inquietante Clive Lucas, la cui raggelante collezione di cimeli viene rinvenuta dalla moglie in una chiusura di puntata che alza di molto la tensione, grazie al montaggio che alterna i vari sospettati alla scoperta decisiva, da parte degli agenti, di una corrispondenza del DNA trovato sul calzino usato per ridurre Trish al silenzio.