Broadchurch 2x07 - La recensione

A un passo dalla fine, Broadchurch stringe il cerchio attorno agli indiziati di Sandbrook per distrarre da una conclusione che rischia di scontentare tutti

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Ricordate quando, nel 2013, a conclusione del settimo episodio di Broadchurch, il pubblico rimase col fiato sospeso a ridosso dell'improvviso eureka del detective Alec Hardy (David Tennant), preludio alla risoluzione del caso Latimer? Non preoccupatevi, è legittimo che non lo ricordiate. A meno che non siate inglesi. Fatto sta che, oltremanica, gli spettatori vissero una settimana di autentica tensione, nell'attesa che i fili del giallo venissero definitivamente districati.

Ebbene, a due anni di distanza, Chris Chibnall ritenta il giochino, chiudendo il settimo episodio sul silenzio successivo alla fatidica domanda: "Ritenete l'imputato colpevole o innocente?" Piace vincere facile, all'autore inglese, e la tensione generata dall'interrogativo sfocia nel frustrato disappunto di fronte alla prospettiva di dover attendere ancora una settimana per sapere quale sarà la sorte di Joe Miller (Matthew Gravelle), accusato dell'omicidio del piccolo Danny Latimer.

Eppure, malgrado questi trucchi sceneggiatoriali rodati e infallibili, Chibnall fallisce comunque l'impresa di creare un'autentica aspettativa per la prossima settimana, almeno per quanto riguarda la risoluzione del caso Latimer. Due sono le opzioni: da un lato, Joe potrebbe essere dichiarato colpevole - il che vanificherebbe di fatto tutta la seconda stagione, e risulta per questo l'eventualità meno probabile. D'altro canto, se l'accusato venisse assolto, si arriverebbe a un sovvertimento della prima stagione che non potrà certo trovare spazio di approfondimento nell'unico episodio che resta prima della fine di questa stagione. Dunque? In ogni caso, l'impressione che si ha è che ci si debba preparare spiritualmente ad affrontare una delusione da parte di Broadchurch.

Forse per compensare i numerosi problemi della linea narrativa legata al caso Latimer, gli autori preferiscono in questo settimo episodio privilegiare la storyline del delitto (o delitti?) di Sandbrook. Anche qui, duole constatare una certa grossolanità a livello di scrittura: fidanzati stalker, tentativi di suicidio, figli abortiti che saltano fuori all'improvviso come meri espedienti, assieme a improbabili prese di coscienza da parte di personaggi che, finora, avevano dimostrato una pressocché assoluta mancanza di scrupoli. Fa quasi sorridere che, dopo due anni di pressioni da parte di Alec Hardy, la goccia che fa traboccare il vaso di Claire Asworth (Eve Myles) spingendola a consegnare ad Hardy le prove trafugate anni prima è una chiacchierata di pochi minuti con il Reverendo Coates (Arthur Darvill). Alias, per lei, un illustre sconosciuto.

Non è tutto da buttare, chiariamo: i punti di forza della serie restano invariati, e il pubblico può comunque fare affidamento su un livello attoriale altissimo (merita una menzione speciale la scena del picnic romantico tra Charlotte Rampling e Carolyn Pickles in cima alla famigerata scogliera) e su dei guizzi registici di unica raffinatezza. Mai come in questo episodio, infatti, la macchina da presa si muove come se fosse dotata di vita propria, planando dolcemente sui personaggi e innalzandosi di tanto in tanto a mostrare situazioni più affollate. Ma non basta la bellezza visiva a risollevare una sceneggiatura incapace di nascondere efficacemente i propri momenti di fiacchezza.

Certo, da una penna che aveva regalato al mondo un gioiello di rara bellezza come la prima stagione, era legittimo aspettarsi qualcosa in più di un compitino svolto con diligenza ma fondamentalmente privo del mordente tanto ammirato nel 2013. Manca ancora un episodio alla conclusione, lungi da noi voler emettere un verdetto precipitoso: ma stando così le cose, qualche previsione si può iniziare a formulare. E, con buona pace di Chibnall, i pronostici non sono dei più confortanti.

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