Broadchurch 2x06 - La recensione
Con il sesto episodio, Broadchurch sembra tornare al ritmo e al mistero che ne avevano caratterizzato la prima, amatissima stagione
Colpisce e affonda, la frase di Ellie Miller (Olivia Colman) mentre consola Beth Latimer (Jodie Whittaker), reduce dall'udienza in tribunale ove il marito Mark (Andrew Buchan) ha appena dichiarato che, la notte dell'omicidio del figlio Danny, stava scrivendo una lettera di congedo alla moglie. Non è vero, non tutta la colpa dei drammi che animano Broadchurch può essere attribuita all'accusato Joe Miller (Matthew Gravelle). La nostra Ellie, tuttavia, perde la bussola nelle questioni private tanto quanto riesce a tener salda la presa sul timone nell'oceano dell'indagine Sandbrook, a cui lavora assieme al sempre più sofferente Alec Hardy (David Tennant).
Ed è Sandbrook, più che Broadchurch, il fulcro dell'attenzione di questo sesto episodio. Più precisamente, la sceneggiatura ruota attorno al misterioso personaggio di Claire Ashworth (Eve Myles), passata in sei episodi da damigella in pericolo, a complice silente del marito Lee (James D'Arcy) in nome della loro cocente passione, fino - udite udite - allo sconvolgente finale dell'episodio, che la vede protagonista in un flashback risalente all'epoca del delitto Gillespie, intenta a sottrarre le prove chiave dall'auto dell'agente Tess (Lucy Cohu), fedifraga e distratta moglie di Hardy. Ellie intuisce il coinvolgimento di Claire, grazie a una foto che la stessa le mostra incautamente nel proprio portfolio di parrucchiera, e comunica i suoi sospetti a un Hardy reduce da un intervento cardiaco e improvvisamente assistito dalla - fino ad allora piuttosto sfuggente - ex moglie.
In nome della coerenza con quel modello che, dopo una corsa non priva d'affanni, Broadchurch sembra aver recuperato, è improbabile che l'assassino del caso Sandbrook ci venga svelato a ben due episodi dalla fine. Il che, ribadiamo, è un gran bene, e un balsamo di freschezza per il ritmo della stagione, che va ad aggiungersi a ingredienti che si riconfermano ancora una volta d'altissimo livello: spiccano le interpretazioni di Olivia Colman nel duro faccia a faccia col figlio, lo scoppio di disperazione di Jodie Whittaker sulle scale del tribunale e la contenuta tragedia di Andrew Buchan al banco degli imputati. Torna Jonathan Teplitzky alla regia, e garantisce un gusto estetico di stampo cinematografico e di respiro ampissimo. Drammaticamente parlando, le questioni allotrie (malattia di Jocelyn, abusi in carcere del figlio di Sharon) risultano qui meno prolisse del solito, e ridotte a pochi ma significativi momenti che non rallentano in modo eccessivo lo svolgersi dell'indagine. E sorge il sospetto che una di esse, legata al rapporto tra il Reverendo Coates (Arthur Darvill) e Joe Miller, possa nascondere più ombre di quanto non appaia a una prima occhiata.