Broadchurch 2x02 - La recensione

In questo episodio, Broadchurch alza il livello drammatico e prefigura tempi ancora più duri per Alec Hardy, capovolgendo l'esito della prima stagione

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Dopo il promettente avvio del primo episodio, la seconda stagione di Broadchurch prosegue con una puntata che scopre parecchie carte sul tavolo, in una partita che mette a dura prova le emozioni dello spettatore. Avevamo lasciato il piccolo villaggio sulla costiera inglese sconvolto dalla ritrattazione di Joe Miller (Matthew Gravelle), che alla fine della scorsa stagione aveva confessato di aver ucciso il piccolo Daniel Latimer. Le redini del delicato processo contro di lui sono nelle mani di due agguerriti avvocati che si danno battaglia con armi ben diverse, e in questo secondo episodio il pubblico ha modo di veder confermate tutti gli indizi già disseminati precedentemente: alla correttezza un po' rude dell'accusa, una Charlotte Rampling in forma smagliante, si contrappongono le insinuazioni scorrette e un po' melliflue dell'altrettanto in parte Marianne Jean-Baptiste, avvocato difensore di Miller. Le maglie della legge appaiono tanto strette quanto ottuse nella prima, splendida udienza in tribunale, che vede la confessione di Miller invalidata in base alle lesioni subite dall'uomo da parte della moglie Ellie (Olivia Colman) dopo l'arresto, non senza aver sottoposto a una stressante serie di domande la povera Beth Latimer (Jodie Whittaker), ormai prossima al parto. Vengono così a galla i segreti tenuti finora celati alla comunità, come la scappatella di Mark Latimer (Andrew Buchan), con l'albergatrice Becca proprio durante la notte dell'omicidio. In questo clima disperato da cui sembra non esserci via d'uscita, intanto, il sempre più emaciato detective Alec Hardy (David Tennant) fa pressione su Claire (Eve Myles) perché incontri l'ex marito Lee (James D'Arcy) nella speranza di trarre qualche indizio utile per la risoluzione del compromesso caso Sandbrook, ma la donna si dimostra restìa. Per fortuna, ci pensa Ellie a tirare fuori un po' di solidarietà femminile che, si sa, in questi casi fa sempre un grande effetto. In un finale di puntata in cui i personaggi sembrano fare a gara per cattivo tempismo, il piano di Alec fallisce miseramente, portando a una conclusione che lascia il pubblico tutto con il desiderio che lunedì prossimo arrivi in un batter d'occhio.

Rispetto al primo episodio, atto a rinfrescare la memoria degli spettatori sui tragici eventi occorsi nella scorsa stagione, questa seconda puntata guadagna punti in intensità drammatica - non che la prima fosse una barzelletta, intendiamoci - e dimostra di non aver paura a portare avanti più linee narrative diverse. Ancora una volta, le performance degli attori sono l'ingrediente segreto che tiene incollati allo schermo anche in momenti di relativa quiete narrativa. Certo, gli eventi sembrano procedere con una certa calma, forse anche in conseguenza al maggior numero di personaggi che ci troviamo a seguire; ma nella serie di Chris Chibnall, ormai è chiaro, ciò che si perde in estensione lo si guadagna in profondità. Ed è nel profondo della coscienza e dell'emotività che la sceneggiatura affonda le proprie mani con irruenza, strappando allo spettatore un sincero moto di rabbia quando la confessione di Joe viene invalidata dal giudice - che, per inciso, è donna, come donne sono anche gli avvocati, in un coraggioso capovolgimento che dimostra come il sesso anagrafico, a dispetto di sussistenti e anacronistici dubbi, non sia determinante per l'efficacia di un personaggio.

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L'elemento forse più interessante che si va profilando in questa stagione è dovuto a quello che è, in realtà, il suo maggiore problema di base, ovvero l'esser stata commissionata a seguito di un successo inaspettato ed essere, quindi, un seguito nient'affatto previsto. Riaprendo un caso che si sembrava concluso e che avrebbe dovuto rappresentare il riscatto di Hardy come poliziotto, Chibnall stravolge a posteriori il senso della prima tranche di episodi, tramutando l'intera inchiesta sull'omicidio Latimer come il possibile, definitivo fallimento del detective, sovvertendo la vittoria conseguita nel finale della scorsa stagione e rivelandone i tratti nascosti, che potrebbero diventare il peggiore incubo per il buon Alec. Se a questo andiamo ad aggiungere gli ultimi, gravi errori di distrazione compiuti nella protezione di Claire e, quindi, nella risoluzione del caso Sandbrook, possiamo dire con certezza che il futuro del nostro eroe si profila abbastanza cupo e minaccioso. Staremo a vedere se riuscirà a uscirne con le ossa sane (a questo proposito, ancora nessuna certezza sulla natura del male che lo sta consumando), magari aiutato proprio da Ellie con cui, tra una risposta brusca e l'altra, sembra aver stabilito un legame che, benché ancora lungi dalla fiducia incondizionata, allevia non poco le sue sofferenze.

E guardando Beth Latimer nel suo disperato, quasi affannoso tentativo di aggrapparsi ora al marito Mark - che continua a preferirle la compagnia del giovanissimo Tom - ora al reverendo Paul (Arthur Darvill) verrebbe da dire che, forse, sia proprio questo il senso della storia che Chibnall sta raccontando: al di là di colpevoli e innocenti, l'unico balsamo efficace concesso al dolore dell'uomo è la solidarietà dei propri simili.

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