Broad City (seconda stagione): la recensione
La recensione di Broad City, comedy prodotta da Amy Poehler
Dal 2017 sono Web Content Specialist l'area TV del network BAD. Qui sotto trovi i miei contatti social e tutti i miei contenuti per il sito: articoli, recensioni e speciali.
Ilana Wexler e Abbi Abrams sono due giovani e spiantate ragazze che vivono a New York. Le loro giornate si dividono tra esperienze lavorative insoddisfacenti, malpagate, mal eseguite, piccoli episodi di vita quotidiana, porte sbattute in faccia al o dal frenetico, egoista, surreale, mediocre mondo che le circonda. Senza intrecci, senza morale, a volte senza logica. Intorno a loro, e di riflesso anche in loro stesse, una serie di bizzarri personaggi che incarnano l'ossessione per il corpo, la fuga dalle responsabilità, il lassismo sul lavoro, e tutta una serie di piccole grandi paranoie nelle quali chiunque si può ritrovare ora come spettatore ora come protagonista.
Ilana e Abbi, con le loro risate sguaiate, la loro volgarità, i loro mediocri non-tentativi di emergere rimanendo aggrappate con le unghie e con i denti ad un'esistenza priva di responsabilità, sono personaggi né migliori né peggiori, ma più veri e certamente meno illusi di Hannah delle sue amiche. E tutto questo stesso parlare di tematiche sembra fuori luogo per una serie che, almeno nel suo primo anno, si rifiutava quasi di costruire trame lungo l'arco degli episodi che, tradendo la loro formula originale sul web, finivano per essere aggregati surreali di scene divertenti. Nel suo secondo anno Ilana e Abbi – in veste non di personaggi, ma di creatrici – hanno trovato una mano più sicura e uno sguardo più aperto sulla vita newyorkese. Le due ragazze rimangono al centro ma, come nell'ultimo episodio della web series in cui si citava il cinema di Spike Lee, è la città ad essere protagonista. In metro, in palestra, al parco, al lavoro, c'è sempre una realtà da prendere di mira.