Britannia: la recensione dei primi due episodi

La nostra recensione dei primi due episodi della nuova serie Britannia

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Britannia, la nuova serie realizzata grazie alla collaborazione tra Sky e Amazon, si addentra nel genere fantasy sfruttando un contesto storico che va considerato un semplice spunto narrativo se ci vuole avvicinare alla visione senza troppe aspettative destinate a rimanere deluse. Fin dalle prime battute l'accuratezza sembra infatti l'ultimo dei pensieri degli autori che mescolando simbolismo, mitologie e tradizioni danno forma a una sceneggiatura che appare molto fragile e orientata prevalentemente a dare spazio alla spettacolarità delle sequenze d'azione.

La storia raccontata nelle puntate prende il via nel 43 d.C. quando l'esercito romano, guidato dal generale Aulo Plauzio (David Morrissey), decide di ritornare nell'area da cui in precedenza Giulio Cesare era fuggito. L'attacco, come aveva visto in una visione Divis (Nikolaj Lie Kaas), avviene durante il solstizio, notte in cui si sta svolgendo un rituale che segna il passaggio delle ragazze della tribù all'età adulta. Solo una giovane, Cait (Eleanor Worthington Cox), sopravvive al massacro compiuto dai romani, venendo salvata proprio dall'emarginato dai druidi guidati da Veran (Mackenzie Crook).

Le tribù dei Regnensi, guidata dalla regina Antedia (Zoë Wanamaker), e dei Cantiaci, governata da re Pellenor (Ian McDiarmid) e di cui fa parte anche la determinata Kerra (Hugo Speer), sono nel frattempo alle prese con una sanguinosa guerra.

Il primo episodio è particolarmente ricco di eventi e di personaggi , rendendo la visione a tratti complessa con i continui cambi di scena pur permettendo di capire l'atmosfera del progetto. La seconda puntata, come prevedibile, rallenta invece un po' il ritmo per iniziare ad approfondire la storia di alcuni dei protagonisti, rivelandone dei segreti del passato, e i motivi per cui esiste una così forte rivalità tra i regni in lotta, anticipando inoltre il modo in cui l'arrivo dei romani potrebbe modificare il destino dell'intera area.

Il primo punto debole del progetto, un po' inaspettatamente, è lo script firmato da Jez Butterworth la cui esperienza in campo cinematografico e teatrale farebbe presupporre una capacità di mantenersi lontano da battute stereotipate ed enfatiche, con proclami in stile Il Gladiatore, e un linguaggio fin troppo contemporaneo che in più momenti appare davvero irreale. A pagare maggiormente il prezzo di questo approccio sospeso tra passato e presente è la figura di Aulo Plauzio che viene delineata inizialmente seguendo tutte le caratteristiche abitualmente associate ai villain romani che sono stati rappresentati sul piccolo e grande schermo, rendendo complicato anche il lavoro di Morrissey che attinge un po' alla sua esperienza in The Walking Dead, in cui è stato il Governatore, per interpretare il leader ambizioso che vuole riuscire a una compiere un'impresa senza paragoni. Il generale, almeno in questo avvio della serie, non sembra distinguersi rispetto ad altri personaggi analoghi , tuttavia le sue interazioni con Kerra e Antedia e la sfida a distanza con i druidi sembrano gettare le basi per degli sviluppi interessanti.

Se re Pellenor e i suoi figli appaiono ancora un po' in secondo piano e la presenza del nostro Fortunato Cerlino è davvero breve, tra i personaggi maschili appare più centrale l'"emarginato" Divis che Nikolaj Lie Kaas porta in scena cercando di non apparire mai sopra le righe nonostante la difficoltà di dover rappresentare un uomo che ha dentro di sé un demone e alle prese con delle visioni che lo obbligano ad agire, ritrovandosi inoltre a stabilire suo malgrado un rapporto con la giovane Cait che ricorda in parte quello esistente in Game of Thrones tra Arya e la Montagna, elemento narrativo che non viene sviluppato con attenzione anche a causa del montaggio del pilot che concede a ogni personaggio uno spazio limitato, situazione destinata a migliorare già nella puntata successiva, e all'interpretazione di Eleanor Worthington Cox in questo avvio purtroppo caricata e artificiosa.

Tra le presenze invece più intriganti c'è quella di Mackenzie Crook che appare irriconoscibile nel ruolo del druido Veran ed è in grado di suscitare la giusta dose di mistero e fascino nel portare in scena un mondo magico che potrebbe rappresentare uno degli aspetti più riusciti della serie.


Britannia ha tuttavia tra i suoi punti di forza i personaggi femminili, assoluti protagonisti in un mondo distante dal dominio maschile. Nel secondo episodio, dopo un'apparizione quasi in stile versione adulta di Merida di Brave, la scoperta del passato e delle origini di Kerra permettono di vedere il personaggio interpretato con bravura da Keilly Reilly sotto una nuova luce, comprendendone l'atteggiamento e le scelte. L'introduzione senza troppi filtri di Amena, parte affidata ad Annabel Scholey, rivela poi in un secondo momento una donna astuta e manipolatrice, in grado di modificare gli equilibri in gioco, mentre la regina guerriera interpretata da Zoë Wanamaker contribuisce con la sua spietata voglia di vendetta a delineare l'essenziale presenza femminile nella realtà contro cui si scontrano i romani. A suscitare, dopo la visione di due puntate, ancora qualche perplessità è però la giovane Cait, pur essendo prevedibile e scontata una sua evoluzione da innocente indifesa a ragazza in grado di lottare per se stessa.

A livello tecnico Britannia dimostra di poter contare su un investimento economico sostanzioso e, pur essendo senza alcun dubbio inferiore a rivali del calibro di Game of Thrones, valorizza il lavoro compiuto sui costumi, sul trucco e sulle location, che comprendono anche le aree verdi e lussureggianti della Repubblica Ceca, grazie in particolare a un'ottima fotografia e a dei paesaggi mozzafiato. Le scelte registiche sono a tratti piuttosto discutibili, come nel caso delle visioni-allucinazioni-utilizzo dei poteri di Divis, e il lavoro in post-produzione, con numerose sequenze al rallentatore ed effetti visivi poco convincenti, contribuisce purtroppo ad appesantire la visione del pilot. La seconda puntata, anche da questo punto di vista, sembra tuttavia far presupporre una maggiore fluidità narrativa e meno enfasi, aspetti che potrebbero rendere la serie, seppur difficilmente memorabile, almeno godibile e in grado di intrattenere. A differenza di altri show, infatti, il progetto sembra proporre anche una leggera dose di umorismo britannico che potrebbe contribuire a soddisfare il pubblico alla ricerca di un fantasy ispirato alla storia, ma non esclusivamente drammatico. La violenza e i contenuti adulti, tuttavia, non mancano, tra esecuzioni, scene di sesso e battaglie, inserendosi nel filone in stile HBO e pseudo-storico come Vikings, non raggiungendone il livello ma seguendone l'esempio.

I primi due episodi di Britannia deludono le aspettative di chi si attendeva un progetto fin dall'esordio di altissimo livello, proponendo una formula già utilizzata numerose volte sul piccolo e grande schermo, riuscendo a sollevarsi grazie all'originalità di alcuni aspetti visivi e all'esperienza del cast stellare coinvolto nel progetto. Le basi per un miglioramento sono però presenti e chi è alla ricerca di una visione senza troppo impegno e con qualche spunto storico potrebbe rimanere soddisfatto da questa rivisitazione del passato, allontanandosi dalla realtà per addentrarsi in una mitologia affascinante.

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