Briggs Land vol. 2: Lupi solitari, la recensione
Abbiamo recensito per voi il secondo volume di Briggs Land, di Wood, Chater, Del Rey e Dell'Edera
Fumettallaro dalla nascita, ha perso i capelli ma non la voglia di leggere storie che lo emozionino.
Non è un bel momento per essere un membro del clan Briggs. Mentre il patriarca Jim Briggs è rinchiuso nel carcere federale di massima sicurezza di Graymarch – condannato all’ergastolo per aver tentato di uccidere il Presidente – sua moglie Grace ha deciso di assumere il controllo della famiglia e della comunità autosufficiente, le Briggs Land, troncando di fatto ogni contatto con il coniuge. Dopo un iniziale smarrimento dovuto a questa drastica svolta, i figli Noah e Isaac e le nuore Abbie ed Ellie sono pronti a difendere insieme a lei gli oltre sedicimila ettari di terreno nel sud degli Stati Uniti dagli attacchi degli alleati di Jim e, soprattutto, delle forze governative.
La controversa epopea dei Briggs ritorna con il secondo volume di Briggs Land, titolo Dark Horse portato in Italia da Edizioni BD. Lupi solitari è il brossurato in cui sono raccolti i sei episodi della seconda miniserie, scritta da Brian Wood per i disegni di Mack Chater, Vanesa R. Del Rey e Werther Dell’Edera.
Nello sviluppare un intreccio narrativo sempre più accattivante, Wood si diverte a inserire di volta in volta personaggi marci e perversi in grado di giocare con la vita di anime innocenti con la stessa facilità con la quale si affronta la guerra in un videogioco. Mantenendo saldi i riferimenti narrativi offerti da opere quali Southern Bastards, True Detective e Sons of Anarchy, Wood delinea una condizione umana malata e destinata all'estinzione. Lo scenario che si palesa anche in questo secondo volume è brutale e distorto, con gli ideali di libertà e democrazia dei padri fondatori che vengono piegati agli sporchi obiettivi individuali.
In questo clima di diffidenza e tensione si muove Grace, personaggio forte e tenace che ha deciso di prendere le distanze dal ruolo di comprimaria. La sua figura – così come quella di Abbie e di Ellie – diventa emblematica di un cambiamento epocale, segno che anche negli ambienti più reazionari e chiusi una rivoluzione di costume è in atto.
Nei sei capitoli di Lupi solitari si alternano tre artisti, tutti caratterizzati da uno stile asciutto: alla vecchia conoscenza Chater si affiancano la cubana Del Rey e il nostro Dell’Edera: nonostante l’approccio personale che ognuno offre alla serie, sono tutti accomunati dalla grande espressività delle soluzioni adottate, scelta che permette all’action thriller imbastito da Wood di lasciar trapelare tutto il suo enorme potenziale.
I colori di Lee Loughridge, sempre precisi a sottolineare i cambi di atmosfera, sono quel legante che crea uniformità nella componente artistica di questa riuscitissima e sempre più appassionante serie, che però, purtroppo, pare concludersi proprio con il secondo tomo.