Bridgerton (prima stagione): la recensione
Bridgerton è uno sdolcinato e divertente racconto romantico in costume e al diavolo l'accuratezza storica!
Ci sono due modi per guardare Bridgerton, prima serie di Shondaland in onda su Netflix dopo l'accordo milionario che Shonda Rhimes ha firmato con il gigante dello streaming: prendersela a male perché alcuni personaggi non somigliano affatto all'immagine che i lettori dell'omonima collana di Julia Quinn possono essersi fatti di loro, oppure godersi la serie per quello che è, uno sdolcinato e divertente racconto romantico in costume e al diavolo l'accuratezza storica!
Secondo lo showrunner Chris Van Dusen, già autore in Grey's Anatomy, Private Practice e Scandal, il modo giusto è sicuramente il secondo, come ha tenuto a ribadire più volte durante un incontro virtuale con la stampa, nel quale ha sottolineato come l'intento del team dietro alla trasposizione televisiva dei romanzi della Quinn, ambientati nell'età della Reggenza (il decennio inglese che va dal 1811 al 1820), non sia mai stato quello di produrre una lezione di storia o un documentario, quanto piuttosto creare un intrattenimento godibile attraverso lenti attuali, nel quale il pubblico possa riconoscersi nonostante sia ambientato nel 19° secolo e caratterizzato da una voce narrante che tratta temi come classe, genere, sesso, sessualità e razza con moderna spigliatezza. Che quella voce sia poi quella di Julie Andrews è solo la ciliegina sulla torta.
Per quanto si possano apprezzare i drammi in costume, difficilmente sono considerati un genere innovativo, il che è un problema che gli autori di Bridgerton debbono essersi posti quando si sono trovati di fronte alla necessità di non limitarsi a ricreare un mondo che ha fatto sognare milioni di lettori di romanzi di genere - cosa che è stata peraltro fatta magistralmente - ma di dare anche alla serie una spinta in più, qualcosa per cui far parlare di sé al di là dei costumi e delle location da mozzare il fiato, cosa che è stata in parte fatta con un cast inclusivo, che non tiene in alcun conto l'accuratezza storica, ma nemmeno finge di volerlo fare. Bridgerton non è la prima produzione in costume che ha tentato l'impresa di rompere gli schemi, guardando lo show ci è venuta per esempio in mente la pellicola del 2006 di Sofia Coppola dedicata a Maria Antonietta, con la sua mescolanza di tradizione e modernità che ha dato vita ad un risultato decisamente unico, grazie anche ad una colonna sonora molto particolare. Anche nella serie di Shondaland riconoscerete musiche moderne adattate al periodo storico in cui ci troviamo, ma più in generale vedrete come gli autori abbiano semplicemente scelto di prendersi delle libertà che non sarebbero accettabili nei canoni del tempo per dare vita a qualcosa di completamente nuovo, più arrischiato, femminista, sensuale e moderno ed è una scelta di stile come un'altra, che può piacere o meno.
Quello di cui si sente maggiormente la mancanza in questa serie è la diversità che contraddistingue era moderna e periodo della Reggenza. Essere una donna nel 1800 non era una passeggiata, l'indipendenza economica era una chimera e si passava letteralmente dall'essere un possedimento paterno ad una proprietà del marito dietro compenso donato a quest'ultimo (la dote) e Bridgerton fa un ottimo lavoro nel denunciare tutto ciò. Il rovescio della medaglia è aver tuttavia sacrificato alcuni aspetti come l'innocenza di queste storie, la sensazione che si provava al solo danzare per la prima volta con la persona che si amava, quando la danza era il solo momento concesso ad una coppia per stare davvero soli o toccarsi durante un corteggiamento.
Chiunque ricordi la mano di Matthew Macfadyen nei panni di Mr. Darcy flettersi in un gesto quasi disperato dopo aver toccato quella della Elisabeth di Keira Knightley per il solo fatto di non essere riuscito a resistere all'impulso di farlo, nella versione cinematografica di Orgoglio e Pregiudizio del 2006, sa di cosa stiamo parlano e comprenderà come gran parte della fascinazione di questo periodo storico dipenda dal modo in cui si distingue dall'era moderna, soprattutto nel modo in cui affronta il tema del romanticismo. Nel voler fare un critica costruttiva a questo show, ci sembra quindi che l'esasperazione nel voler rendere più moderno questo racconto, abbia privato forse il pubblico di parte della malia di questo periodo storico.
Ciò nonostante lo show è la sprizzante e coloratissima trasposizione televisiva di una serie composta da 8 romanzi ed interamente dedicata alla discendenza della nobile famiglia dei Bridgerton, composta da 4 figli maschi e 4 femmine, che cercano l'amore tra balli, cotillion e severe regole di etichetta da infrangere per conquistare l'amato o l'amata di turno. Gli 8 episodi della 1^ stagione, e così supponiamo sarà per le successive (non perdetevi il "ronzante" dettaglio finale per capire a chi sarà dedicata la prossima, soprattutto se siete lettori sei romanzi!), sono interamente dedicati al più famoso dei libri, intitolato appunto Il duca ed io e narrano la storia d'amore di Daphne (Phoebe Dynevor) e del duca di Hastings, uno dei migliori e più sfuggenti partiti di Inghilterra, nonché ex compagno di college di Anthony, il primogenito della famiglia ed attuale visconte, che ha ereditato il titolo in giovane età dopo la morte improvvisa dell'amato padre.
Se la scelta dell'interprete di Simon, come abbiamo già ampiamento detto, potrà forse sorprendere qualcuno, il casting per Daphne non avrebbe potuto essere più fedele al romanzo: minuta, eterea, una bionda bellezza inglese, Phoebe Dynevor veste perfettamente i panni della maggiore delle sorelle Bridgerton ed è intraprendente ed appassionata come la sua controparte di carta, tanto da mettere alle strette un personaggio in vista come il duca e conquistarne per sempre e suo malgrado il cuore. Tra battibecchi, patti segreti, brucianti tradimenti e appassionati incontri amorosi, questa prima stagione di Bridgerton, una fanfiction che si fa realtà, ha tutte le carte in regola per essere un successo, riuscendo senza alcuno sforzo ad intrattenere e divertire senza voler impegnare troppo, caratteristica che non va assolutamente letta come un difetto.
Compito di questo primo appuntamento con la nobile famiglia è anche quello di introdurre i vari membri del clan e concederne quel tanto che basta per affezionarsi a loro, impresa che riesce per esempio in pieno con la ribelle e riottosa Eloise, interpretata da un'ottima Claudia Jessie. Tra questo tripudio di personaggi è impossibile, come abbiamo fatto nel nostro speciale dedicato alla serie, non spendere qualche parola sull'incredibile lavoro che ha impegnato costumisti e scenografi dietro le quinte e che ha dato allo show quel look che ve ne farà innamorare. Per Bridgerton Ellen Mirojnick ed il suo team hanno creato un vero atelier di moda cucendo circa 7500 costumi, oltre ad accessori e scarpe, i cui dettagli vi lasceranno senza fiato e che esprimono, tramite la moda, l'essenza stessa dei protagonisti, così come quella dei loro rivali, i più chiassosi membri della famiglia Featherington.
Allo stesso modo Will Hughes-Jones ha ricostruito il mondo in cui si muovevano la nobiltà e la società del tempo con incredibile dovizia di particolari, creando da zero interi set o adattando alle esigenze di copione autentiche dimore inglesi risalenti al tempo, che fanno da perfetta cornice ad una serie che sicuramente, se siete appassionati del genere, non mancherà di farvi appassionare, sorridere e magari farvi anche dimenticare per qualche ora la realtà, cosa che - viste le circostanze - va certamente visto come un grande pregio.
La prima stagione di Bridgerton sarà disponibile su Netflix a partire dal 25 dicembre.