The Twilight Saga: Breaking Dawn, parte I - la recensione
Lentissimo, ripetitivo e incapace di mettere a frutto la saga di Twilight, questa ptima parte dell'ultimo capitolo prosegue la decadenza della serie...
Un primato questa saga di Twilight lo avrà di certo e si spera a lungo: tra tutte quelle passate da libro a grande schermo è quella trasposta nella maniera più scriteriata, confusa e sciatta.
In questo capitolo diretto da Bill Condon (quello di Dreamgirls) sembra che nulla succeda, anche quando succede. Come nelle migliori soap opera televisive il racconto (che pure ci sarebbe perchè di cambiamenti e svolte ne arrivano) è tutto continuamente rimandato a favore di momenti empatici e sentimentali solo a parole. Una confessione è rimandata o annullata per far spazio a un confronto tra lupi ringhianti, il racconto di una svolta è rimpicciolito per far posto a sequenze musicali con paesaggi e anche il lento scoprire quello che l’elemento centrale del film (che succede... dopo la prima notte di nozze?) non è per nulla lento, anzi arriva subitaneo e nella stessa maniera se ne va, per far spazio a lunghi primi piani enfatici.
Per questo Breaking Dawn - parte I, mancando di tutti i rudimenti principali della narrazione (l’arte del rilascio graduale di informazioni), è uno dei film più noiosi dell’intera saga (e dopo Eclipse ce ne voleva!). Anche il momento topico dell’agognatissimo accoppiamento (ciò che è stato al centro dei tre precedenti film) viene liquidato con poco per passare agli sguardi dubbiosi.
L’impressione è che la saga (cinematografica, s’intende!) stia mangiando se stessa, cioè si stia nutrendo di quelli che sembrano gli elementi di apparente successo, moltiplicandoli all’infinito. Di capitolo in capitolo, registi sempre meno capaci insistono sempre di più sulle attese, sulle agonie e sui primi piani intensi, radicalizzando di film in film il proprio pubblico (se il primo Twilight era solo “orientato” al pubblico femminile, questo è irricevibile da un’audience maschile) e smettendo di fornire elementi di interesse per ripetere quelli più consueti. Tutto quello che aveva di buono l’esordio cinematografico dei libri di Stephenie Meyer (dalla narrazione svelta, a una sostanziale e genuina ingenuità di fondo, dal racconto di un sentimento che si forma fino al disvelamento del mondo dei vampiri) sembra sempre di più un miraggio. Quasi 120 minuti di film forniscono una sola informazione nuova, ripetendo tutte le dinamiche a oltranza (Bella ama Edward ma si sente legata a Jacob, Edward ama Bella ma teme di farle male e tollera Jacob per lei, Jacob ama Bella e non tollera il rivale in amore ma farà di tutto per difenderli).
Avere astio nei confronti della saga di Twilight ha poco senso, è un racconto adolescenziale come molti altri, molto adeguato all’epoca emo (per la continua metafora del sangue come fonte di sentimento), fondato su un amore contrastato da ogni parte e sul continuo rimando del desiderio (sebbene con più d’una strizzata d’occhio alla religione). Mentre avercela con i film invece ha molto senso, perchè da tutto questo materiale non traggono niente, si appoggiano al fanatismo generato altrove e ripetono ad oltranza i medesimi stereotipi sentimentali, senza avere la buona creanza di creargli intorno un racconto che gli dia senso e li carichi di significato...