Breaking Bad 5x16 "Felina" (series finale): la recensione

Il finale della serie straordinaria di Vince Gilligan, prevedibile ma anche molto intenso

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My God, the universe is random, it's not inevitable, it's simple chaos. It's subatomic particles in endless, aimless collision. That's what science teaches us, but what does this say?

Queste poche parole, pronunciate esattamente a metà del viaggio di Breaking Bad, sono il manifesto di una serie che nel dialogo costante tra autodeterminazione attraverso le proprie scelte e ineluttabilità del destino ha trovato il proprio snodo fondamentale. Sono parole che ci dicono che l'universo è un'eterna reazione chimica senza inizio né fine, che l'uomo è solo uno degli infiniti reagenti, e che la sua consapevolezza di esserlo non fa altro che aumentarne l'impotenza. Possono passare anni, si può ingannare il destino a lungo, ma alla fine tutto ritorna al proprio giusto, casuale, randomico ordine e solo la possibilità di scegliere come giungervi ci può, in parte, riscattare. In un finale forse prevedibile e lineare, ma anche intenso, forte, straordinariamente scritto, interpretato e diretto, finisce la storia di Walter White.

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Felina, anagramma di finale ma anche parola formata da tre sillabe che rappresentano altrettanti elementi e cose (Ferro = Sangue, Litio = Meth, Sodio = Lacrime) si sviluppa in netta contrapposizione con Granite State, di cui rappresenta il completamento narrativo e concettuale. Seconda parte di questo ideale epilogo per la storia, abbandona fin da subito le aspre, gelide e statiche ambientazioni del precedente episodio per andare a colpire con decisione gli ultimi percorsi rimasti incompiuti. È il viaggio verso la morte di Walter White, è la passerella finale che lo porta a visitare, come uno spirito dal passato, tutte le creature infettate dal male sparso nei due anni lungo i quali si è sviluppata la storia di Breaking Bad e di chiudere, o meglio di far crollare, tutti i ponti rimasti in piedi.

Per questo finale la scrittura di Gilligan sceglie saggiamente di non battere strade impreviste, di non cercare il colpo di scena o il risvolto spiazzante, ma di assestarsi su una conclusione in parte prevedibile, lineare e per certi versi, attesa. Il tempo delle domande e delle tensioni è arrivato ed è passato, e ora è tempo di dare risposte a partire dagli ingredienti a disposizione. E poco male se i vincoli narrativi impongono una struttura forse un po' troppo schematica e bloccata nelle sue necessità e nei suoi passaggi obbligati (c'è l'incontro con i due della Gray Matter, la sistemazione dei soldi, l'addio alla famiglia, lo scontro finale) o se il livello di tensione non raggiunge quello di To'hajiile o di Ozymandias.

Il principio di indeterminazione di Heisenberg, un po' alla buona, ci spiega che è impossibile cogliere nello stesso momento in maniera precisa proprietà come la velocità e la posizione di un oggetto. In questi anni la furia e la rapidità degli eventi devastanti succeduti alla nascita del nostro Heisenberg hanno a lungo tempo rimandato, o comunque liquidato con semplici spiegazioni, l'intima natura di uno dei personaggi più complessi mai apparsi in televisione. Negli istanti precedenti alla morte questo tempo è sembrato rallentare fino a fermarsi completamente, fino a lasciare che, nella scena più straordinaria della puntata, oltre che una delle migliori dell'intera serie, quella del confronto con Skyler, Walter White si mostrasse a noi come mai finora.

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Nell'ultima circolarità che ci viene raccontata, quella che riporta in un dialogo fondamentale il senso stesso di Breaking Bad alle sue origini ricollegando l'emergere del cancro alla fine di Walter, l'azione iniziale (la sentenza di morte casuale e incomprensibile) trova la sua conclusione nell'unica reazione possibile: Walter deve morire. Nell'intervallo tra questi due eventi la serie ci ha raccontato la testimonianza di un uomo che, non per la famiglia, non per i soldi, ma per un atto di ribellione, per una ricerca di autodeterminazione contro il caos incontrollabile, ha deciso di prendere in mano la propria vita. Da quel momento il senso di ribellione si è esteso anche alla legge, alla morale, al comune sentire di giustizia.

Al di là degli scrupoli sull'uccisione dei membri della propria famiglia, al di là della risoluzione "pacifica" dello scontro con Jesse, la redenzione che ci è stata raccontata nelle ultime puntate di Breaking Bad è quella di un uomo che finalmente accetta il proprio destino, per quanto non lo condivida, e prima di andarsene riporta al giusto ordine il mondo che aveva gettato nel caos. Gilligan, che è il dio di questo universo crudele, fatto di coincidenze straordinarie, di vite che influenzano altre in modi inimmaginabili, ha realizzato la propria visione. Lo ha fatto raccontandoci una storia straordinaria, impossibile, inverosimile, ma incredibilmente umana. In un finale che condivide visivamente e narrativamente più di un punto in comune con quello di Lost, Walter (Bryan Cranston, che con Aaron Paul e gli altri membri del cast ha svolto un lavoro indimenticabile) si trascina, vittorioso sconfitto, nel luogo da cui tutto è cominciato. La musica si sostituisce alle sirene della polizia, l'uomo arranca, lascia una macchia di sangue, resta immobile, ultimo elemento necessario a raggiungere la purezza. Fine.

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