Breaking Bad 5x12 "Rabid Dog": la recensione

Una puntata minore nella quinta stagione dello show AMC, mentre ci avviciniamo sempre più al series finale

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Breaking Bad non concepisce la mediocrità, la faciloneria, le incongruenze e in generale tutta quella scala di difetti che abitualmente si applica nel giudizio della maggior parte delle serie in onda. La serie di Gilligan da sempre gioca su un altro livello: se le altre sono i piccoli spacciatori mediocri ai quali non si chiede troppo perché si sa di non poter pretendere troppo, Breaking Bad è il fornitore di un prodotto purissimo e che non teme rivali sul mercato. Proprio per questo quando la percentuale di purezza si abbassa all'improvviso e ci troviamo di fronte ad un prodotto sempre ottimo ma non eccellente, restiamo un po' delusi. In altre scale di valori Rabid Dog sarebbe un ottimo episodio, ricco di spunti, cosa che in effetti è, ma ora, dopo gli straordinari momenti delle settimane scorse, è soltanto un episodio minore nella corsa verso il series finale.

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L'avvicinamento al finale di serie non potrebbe essere più esplicito, e forse è proprio questo il punto centrale che causa una leggera sensazione di smarrimento durante la visione dell'episodio. Se anche vivessimo in un universo parallelo nel quale non ci è dato sapere che tra quattro episodi la serie finirà definitivamente, sarebbe davvero difficile immaginare una via d'uscita dalla situazione che in questo momento la scrittura ha costruito. Per quattro stagioni e mezzo siamo stati abituati a vedere questo cavallo che furiosamente scalpita per andare avanti, che a volte viene lasciato andare allentando le redini ma che prontamente viene ripreso e riportato alla calma. Ora il traguardo è vicinissimo, e Gilligan sente di non dover, di non poter più controllarlo. È costretto a lasciarlo andare come mai prima, viaggiando un po' alla cieca, a velocità mai sostenute finora. È una nuova scrittura, è un nuovo Breaking Bad. Non necessariamente sbagliato, ma soltanto diverso.

In termini più concreti questo nella scrittura di una serie significa ciò: costringere i protagonisti ad assumere, proprio a causa del finale ormai vicino, degli atteggiamenti mai visti prima, o comunque più accentuati (e evidentemente anche il fatto che le epifanie di Hank e Jesse siano così ravvicinate ci ha messo a dura prova). Il male ormai ha superato il livello di guardia e il degrado morale è diventato il minimo comun denominatore che lega i protagonisti di questa tragedia moderna. Da un lato ecco quindi Walter passare, a modo suo, per il buono della situazione e tentare, per l'ennesima volta nel loro rapporto, di salvare la vita a Jesse. La famiglia rimane sempre la linea rossa da non oltrepassare, eppure nell'accanimento con il quale, contro tutto e tutti, Walter cerca di proteggere il suo giovane collaboratore, non si può non osservare il suo passaggio da paternalista a paterno, e il suo sincero affetto per Jesse, ormai una sorta di secondo figlio per lui. Ed evidentemente anche il "farlo fuori" così all'improvviso, senza vagliare ogni altra possibile soluzione, non sarebbe da Walt/Heisenberg.

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A proposito di ciò è singolare come a parole, mentre discute con Hank, Jesse sia ben consapevole della natura subdola, sorprendente e manipolatrice di Walter, e del fatto che vada sempre nella direzione opposta a quella attesa, mentre, stando ai fatti, lo stesso Jesse teme in conclusione di puntata che lo stesso Walt possa aver deciso di farlo uccidere in una pubblica piazza alla luce del giorno: una soluzione che non avrebbe mai adottato. Certo, Jesse è in preda alla paranoia, alla delusione, alla rabbia, ma fa comunque un certo effetto osservare come, in uno show nel quale tutto, da sempre, è frutto delle conseguenze dirette delle scelte, spesso difficili, dei protagonisti, la risoluzione finale si leghi ad un equivoco come quello commesso dal ragazzo. E in generale nuove strade, nuove alleanze, continui sconvolgimenti ad ogni episodio che, se da un lato ci spiazzano, dall'altro non ci permettono di vedere, al momento, il disegno chiaro e coerente di queste ultime otto puntate. Tutto diventerà molto più chiaro al momento del collegamento tra presente e flashforward.

Da un lato, dicevamo, il genio di Walt che non si rassegna ad una soluzione tanto semplice come l'omicidio, e dall'altro la banalità del male delle altre persone che lo circondano, irretite e corrotte da lui ma incapaci della sua stessa freddezza. Skyler da alcune puntate è completamente assente con la mente, e ora che ritorna in gioco dopo un silenzio durato quasi due episodi lo fa per invitare suo marito a commettere un omicidio. Idem per la sempre viola Marie (non solo le valigie, ma anche il tappeto, i cuscini e le tende a casa così come i vestiti che da sempre la accompagnano), che fantastica su veleni mentre pregusta la sua vendetta, e per Saul e le sue magnifiche e "colorite" metafore sull'omicidio. Walter Jr. è sullo sfondo: non capisce, non può capire, ma presto si troverà coinvolto anche lui nella situazione. Il suo affetto per il padre non è mai stato così alto come ora: siamo curiosi di scoprire la sua reazione quando tutto crollerà.

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