Braindead 1x04, la recensione

La nostra recensione del quarto episodio di Braindead, la nuova serie della CBS

Condividi

L’inizio del quarto episodio di Braindead ricorda tante opening scenes di The Good Wife, dislocate su con personaggi mai visti, destinati ad assumere importanza durante l’episodio.

Due amabili vicini di casa sono “infettati” nottetempo e diventano fanatici ugualmente aggressivi di opposte fazioni: il loro “diverbio” che degenera in reciproca distruzione di automobili anticipa quello che vedremo alla fine dell’episodio, lo step successivo della bug invasion, ovvero le conseguenze di una politica dell’odio su un popolo che smette di ragionare.

Dopo l’imbarazzante (e un po’ incomprensibile) scenetta del bacio della scorsa puntata, tra Laurel e Gareth è sceso il ghiaccio, mentre si punzecchiano con i rispettivi nuovi date portati nello stesso bar: l’agente FBI Anthony Onofrio per Laurel, la reporter ultrarepubblicana Misty Alise per Gareth. Gareth in realtà mescola piacere e dovere con l’obiettivo di portare attenzione mediatica sugli “One Wayers”, l’ultima invenzione del Sen. Wheatus, gruppi popolari auto-organizzati finalizzati a una non meglio precisata liberazione dell’America dalle storture della politica.

L’uomo e la donna dell’inizio diventano i perfetti destinatari del modo di fare politica dei Wheatus e delle Pollack, che fa leva su una rabbia cieca e distruttiva, la cui prima manifestazione sono piogge di punti esclamativi commenti in caps lock sul web – il che ci ricorda che certe abitudini da dileggiare non sono solo prerogativa nostrana. La donna, Jules, la ritroviamo tra i leader degli One Wayers, e sembra ormai troppo tardi quando Gareth si rende conto del livello di follia raggiunto dai volenterosi e patriottici cittadini, che sul sito hanno inserito link a tutorial per la fabbricazione di bombe; d’altra parte l’uomo, Noah, si rivolge proprio a Laurel in quanto responsabile dei rapporti con gli elettori, in un’escalation di accuse assurde e appelli a rivoluzioni politiche, fino ad arrivare a seguirla e minacciarla di notte.

Per fortuna la squadra dei non contagiati si avvia velocemente a trovare sempre più dettagli sulla dinamica “medica” dell’invasione, anche se nulla ancora precisa la provenienza degli insetti letali. Grazie al contagio del povero gatto Zeek ora i nostri hanno un esemplare da esaminare: scoprono così che la penetrazione nel cervello degli screw worms avviene attraverso la perforazione del timpano, causando la perdita dell’udito da un orecchio; il prosciugamento della perilinfa causa inoltre la perdita del senso di equilibrio, dunque il gioco è fatto, basterà osservare chi inciampa e chi non sente per trovare i “senza cervello”. L’espediente appare decisamente semplicistico e un po’ troppo comodo – anche perché finora non è stato fatto nessun accenno ai due difetti nelle scene riguardanti gli infetti. La quota creepy dell’episodio è dedicata a Abby e alla sua fine: i nostri interpellano un altro specialista amico di Rochelle, Dexter Wu, che si trova in stravagante sintonia con Gustav e suggerisce la necessità di esaminare un esemplare umano. Laurel e Rochelle pensano dunque a Abby, che naturalmente la donna si rifiuta, spingendo Laurel a cercare l’aiuto di Onofrio, per obbligarla legalmente a sottoporsi al test in quanto è in pericolo la salute pubblica. La scelta avrà tragiche conseguenze, che corroborano il dubbio che gli insetti agiscano tra loro coordinati tramite una precisa agenda politica, e che più che semplicemente mangiare il cervello delle persone lo programmino in modo da reagire a stimoli differenti in modo differente. Tuttavia non è molto comprensibile il perché dell’insistenza su Abby, quando Laurel potrebbe semplicemente rivolgersi a Stacie, che qualche puntata fa si era dimostrata meno irrecuperabile della prima.

A margine, la vita sentimentale di Laurel sarebbe la cosa meno interessante – anche per il poco carisma di Aaron Tveit, forse unica scelta di casting poco azzeccata, inadatto a reggere la parte dell’affascinante repubblicano che fa perdere la testa a Laurel – se non fosse finalizzata all’ultimissima scena: il cerchio si stringe attorno ai “buoni”, ed era inevitabile che i bugs arrivassero sempre più vicini ai protagonisti non infetti, che peraltro dimostrano evidentemente un’eccessiva sicurezza nell’essere immuni, dato che non prendono mai precauzioni di alcun tipo. Queste imperfezioni, assieme a dettagli poco rifiniti e spiegazioni convenientemente adeguate all’azione zavorrano Braindead al livello del prodotto medio, nonostante l’idea di partenza vincente e un buon ritmo. Se la satira può giocare su stereotipi e schematizzazioni, il drama esige tridimensionalità e caratterizzazione, dunque ci si attenderebbe, almeno dai “sani”, un po’ di margine in più per conoscere i personaggi, donargli carattere; a meno che lo scopo ultimo della serie sia dimostrare l’indistinguibilità tra gli “half-brain” e gli “intelligenti”. Il finale promette il precipitare degli eventi verso uno scenario quasi distopico, che porterà ulteriore carne al fuoco da gestire ma forse movimenterà un po’ le acque.

Continua a leggere su BadTaste