Braindead 1x03, la recensione

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All’inizio del terzo episodio di Braindead si ripete l’espediente del recap cantato, che suona come una dichiarazione di intenti nei confronti del tono con cui leggere la serie: un’amplificazione del livello di cortcircuito tra metariflessione e realtà contemporanea già suggerito dai titoli degli episodi insolitamente lunghi e contorti, che riprendono lo stile della manualistica.

L’equilibrio tra satira e scorrimento drama delle storyline non è ancora del tutto fluido, ma col passare degli episodi è sempre più chiaro che la scelta di Braindead è raccontare i meccanismi politici estremizzandone obiettivi e conseguenze, mettendo in guardia tra le righe del pericolo dei populismi che attanagliano l’America e il mondo occidentale.

Due i motivi ricorrenti della serie: da un lato le domande sull’orrorifico fenomeno degli insetti mangiacervello. Cosa sono, da dove vengono, perché lo fanno. Dall’altro le implicazioni sociali del fenomeno e il mistero del “piano” degli insetti: la canzone dei The Cars, i comportamenti ripetuti, le persone “contagiate” che si alleano a loro volta per favorire il contagio di altre.

Questo terzo episodio fa luce in particolare sul primo aspetto, facendo incontrare Gustav e Laurel, dunque dando il via a un confronto di informazioni e ipotesi che sfocia nella costituzione di una sorta di “team” assieme a Rochelle Daudier, l’unica altra persona di cui fidarsi che possiede inoltre un’expertise medica utile a capire cosa succede nella testa delle persone.

Innanzitutto le teste continuano a esplodere: stavolta capita al capo di gabinetto repubblicano Jonathan Broadbent

Innanzitutto le teste continuano a esplodere: stavolta capita al capo di gabinetto repubblicano Jonathan Broadbent, in quasi-diretta TV (il live è salvato solo dai 5 secondi di differita che la televisione americana impone proprio per evitare imprevisti scandalosi o scioccanti). Ufficialmente è ictus, ma Laurel viene raggiunta nel suo officio da Anthony Onofrio e un altro agente FBI: ormai Laurel è evidentemente sulla lista di “persone informate dei fatti” dei servizi segreti, tanto che successivamente viene addirittura portata via e interrogata, senza che però il ruolo dell’FBI nella faccenda sia ancora stato realmente approfondito.

Scopriamo inoltre che Laurel ha effettivamente contattato l’autore del video – cioè Gustav - nello scorso episodio, e ora Gustav la raggiunge in un modo un po’ contorto per studiarla e capire se fidarsi. La spiegazione di Gustav serve naturalmente anche a noi spettatori per interpretare meglio quanto succede: i metodi “empirici” di Gustav e la sua testardaggine lo hanno portato a individuare l’origine dei terrificanti insettini, una sottospecie dei cochliomiya hominivorax, “mosche assassine” realmente esistenti, che penetra nel cranio ed espelle tessuto cerebrale dalle orecchie della vittima, causando anomalie della personalità e la perdita della capacità di ragionare. Fin qui non si tratterebbe dunque di alieni, come l’origine meteoritica faceva pensare, ma piuttosto forse di mutazioni pericolosissime di specie viventi sulla Terra. Al di là della spiegazione scientifica – con contorno triviale nell’ipotesi che talvolta le teste esplodono perché “bugs fart” – la chiave delle anomalie comportamentali risiederebbe nella perdita della memoria, e dunque del proprio vissuto, che ha come conseguenza un’estremizzazione dei comportamenti: dunque populismo, proclami, frasi fatte, semplificazioni. Per quanto didascalica, questa sequenza chiarificatrice dà un contorno alla parte più politica della serie, e la caratterizzazione un po’ a rischio cliché dell’intelligentone paranoico si salva grazie all’assenza, per ora, di aggravanti come sociopatia o comportamenti eccessivamente bizzarri, oltre che grazie al volto azzeccato di Johnny Ray Gill, in grado di rendere credibili anche sequenze di alleggerimento come quella delle trappole e del gatto.

Riguardo alle conseguenze politiche, invece, continua quella che sembra configurarsi come una vera e propria presa di potere da parte degli “screw-worms”, che si insinuano nelle stanze della politica USA con l’apparente obiettivo di alzare il livello dello scontro, sia esterno, tra i gruppi dominanti dei democratici e dei repubblicani, sia interno in ciascun gruppo. In questo episodio, i contrasti tra Healy ed Ella Pollack per la guida del gruppo dem sembrano appianarsi con l’offerta di pace di un mazzo di fiori inviato da Scarlett, che naturalmente è veicolo dell’invasione degli insetti nel cervello di Ella: le formichine rendono infatti Ella ancora più agguerrita e determinata a infangare la reputazione di Healy per assumere il controlo del gruppo. Prevedibilmente, la guerra di gossip finisce con la rivelazione dell’affair tra Healy e Scarlett, anche se c’è da dire che non si riesce a empatizzare molto con il fedifrago giovane senatore.
L’episodio aumenta dunque la carne al fuoco, esibendo la miopia del potere, troppo autoriferito e focalizzato sui propri interessi per rendersi conto di ciò che accade. È qui che lo spunto interessante dell’ironia e del grottesco ha margine per precisarsi e declinarsi in modo interessante, seguendo diversi personaggi e punti di vista, e bilanciando la parte “complottistica” con alcune sequenze in cui dominano gli aspetti umani e relazionali, come quella tra Laurel e Stacie contagiata, e quella tra lei e Gareth. Tra loro si mette di mezzo babbo Healy, che spiega come certe cose – fraternizzare con avversari politici – non passano certo inosservate a Washington, spingendo ancora di più la ribelle Laurel tra le braccia di lui, in una sequenza che rimane ambigua sul livello di coinvolgimento ma al tempo stesso un po’ fredda.

Infine, piccola nota a margine: l’insistenza di Gustav sull’isolare gli smartphone raggiungibili dall’NSA è leggibile anche come un richiamo alle vicende riguardo alle intercettazioni delle ultime stagioni di The Good Wife.

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