BrainDead 1x01, la recensione

La nostra recensione del pilot di BrainDead, la nuova serie dei coniugi King, autori di The Good Wife

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È bizzarro ma anche comprensibile che dopo sette anni di una serie strepitosa e acclamata dalla critica come The Good Wife i coniugi King si cimentino con qualcosa di completamente diverso.

Così diverso da provare con Braindead l’ibrido tra drama, commedia e fantascienza: nel 2016 un meteorite cade nel mare e viene trasposrtato negli Stati Uniti, più precisamente allo Smithsonian, per studi. Contemporaneamente si trova a Washington D.C anche Laurel Healy, regista di documentari ma appartenente a una famiglia di politici: ha bisogno di soldi per il suo nuovo documentario e il padre (fa piacere Zach Grenier, il David Lee di The Good Wife) la convince a lavorare al fianco del fratello senatore per sei mesi, in cambio di un finanziamento cospicuo. Dall’ufficio in cui ha il compito di ascoltare le richiste degli elettori Laurel si ritrova a scoprire alcuni comportamenti e avvenimenti strani che sembrano legati al trasporto del meteorite. In parallelo vediamo che in effetti dal sasso spaziale fuoriescono strani insetti alieni che si intrufolano nelle case di cittadini e soprattutto politici, letteralmente sostituendosi al loro cervello e “riprogrammandoli”.

A dare il volto a Laurel la brava Mary Elizabeth Winstaed (Scott Pilgrim vs. the World), nei panni della filmaker che odia la politica ma come dice il padre è in realtà “geneticamente portata”. Naturalmente la prima puntata si concentra sulle opposizioni: politiche (il giovane senatore Jack Healy è democratico, la decisione importante che deve prendere e che coinvolge Laurel riguarda l’aiuto del senatore repubblicano rivale) e umane. Laurel è naturalmente rappresentata come un’idealista che gira documentari su culture dimenticate, e nell’ambiente degli squali della politica riceve solo sguardi di compatimento. Il fratello, per quanto appaia legato alla sorella e fondamentalmente di buon cuore, è anche fedifrago e con molti meno scrupoli quando si tratta di manovre politiche. La politica vista dall’interno, attraverso corridoi, scambi, alleanze, era già presente in The Good Wife e si porta qui in primo piano, con l’ambientazione direttamente negli uffici del governo degli Stati Uniti.

Purtroppo però nella prima puntata proprio l’elemento politico risulta debole, indagato solo in termini di contrasti superficiali e stereotipati, molto lontano dalla sottigliezza che caratterizzava The Good Wife. Naturalmente è troppo presto per immaginare quanto il tema fantascientifico e quello del complotto si intrecceranno: per ora possiamo dire che l’introduzione alla vicenda scorre lineare e prevedibile, così come prevedibile è l’avvicinamento (potenzialmente anche sentimentale?) tra Laurel e Gareth, cinico e manipolatore al servizio del rivale senatore repubblicano, ma con principi più solidi e un nobile obiettivo da perseguire. Visto che è improbabile che la serie acceleri sul piano horror/splatter, con queste premesse sul tavolo c’è da sperare che BrainDead riesca a infondere complessità alla vicenda, magari spingendo sul fronte thriller, oppure rischia di presentarsi come già obsoleta.

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