Box Office 3D - la recensione
[Venezia 2011] In linea con i peggiori prodotti USA e metacinematografico in maniera estrema, il nuovo (vecchio) film di Greggio non diverte nemmeno involontariamente...
C'è una cosa da dire subito: Ezio Greggio faceva questi film prima che la banda Scary Movie iniziasse a fare i suoi. Cioè già con Il silenzio dei prosciutti cominciava a fare delle parodie che partivano dall'idea di Mel Brooks (suo amico nonchè nume tutelare, indebitamente citato senza nessuna possibilità di avvicinamento) per sfociare in un caos disorganizzato di gag semplici e poco ricercate che accumulano stereotipi da generi e film diversi. Di questo gli va dato atto e nessuno glielo potrà mai levare. Box Office 3D è così, senza nemmeno cercare una trama lineare che unisca le storie.
Inutile dire che si ride molto poco, ma molto molto poco [quasi niente], più interessante invece notare come Greggio cerchi verso la fine una morale, cioè un senso e un ordine che trasmettano una specie di messaggio. Nel suo furore, che va anche oltre il concetto di metacinematografico (personaggi che sanno di stare in un film che parodia altri film), verso la fine cita anche Mezzogiorno e mezzo di fuoco con i personaggi di una parodia (quella di Harry Potter) che escono dal proprio set finendo in un altro (quello del Padrino) e alla fine il regista stesso, cioè Greggio, compare in scena annunciandosi come tale per affermare la supremazia del cinema e andare via con Gina Lollobrigida (sic!) tra gli applausi. Una scena che lascia di stucco davvero. E non di meraviglia.
Superfluo un commento sulla qualità del 3D di questo che dovrebbe essere il primo film italiano girato in stereoscopia uscito al cinema. Basti sapere che, nelle scene in cui gli oggetti dovrebbero uscire dallo schermo, questi finiscono per non uscire assolutamente dallo schermo.