Borat
Un reporter televisivo del Kazakhstan arriva negli Stati Uniti per far conoscere ai suoi concittadini l’american way of life. Ovviamente, combinerà una serie di disastri. Si ride in continuazione, ma non è il caso di considerarlo un capolavoro…
D’altronde, i momenti esilaranti sono veramente tanti e citarli, oltre a rovinare la sorpresa, significherebbe redigere una lista della spesa infinita. Quello che funziona è ovviamente Sacha Baron Cohen (in arte Ali G e ovviamente Borat, due personaggi che dimostrano quanto possa essere trasformista questo attore), che diverte soprattutto per l’ingenuità che mette in mostra e che gli permette di far credere alle sue vittime di essere veramente così. La sua interpretazione è fantastica e decisamente eclettica, in grado di passare dalla peggiore misoginia e razzismo, a momenti di pura poesia. Forse è esagerato, come fa qualcuno, parlare di possibile nomination all’Oscar, ma certo un talento comico simile non nasce tutti i giorni.
Dato a Borat quello che è di Borat, è il caso di tranquillizzare gli animi. Se in Italia il Foglio di Giuliano Ferrara ha dedicato numerosi articoli (tutti raccolti in un opuscolo di 4 pagine distribuito gratuitamente durante il Festival di Roma) al fenomeno, negli Stati Uniti alcuni giornalisti (David Poland) e testate (Entertainment Weekly si chiede se Borat ha “realizzato il film più divertente della storia o quello più offensivo”) sembrano essere vittime di un delirio. Mi viene da pensare che molta critica a stelle e strisce non voglia apparire bigotta ed ottusa come i personaggi che appaiono nella pellicola, ma penso che si esageri. Se qualcuno vuole credere che un organizzatore di rodeo razzista e omofobo debba rappresentare gli Stati Uniti e che quindi il film sia un attacco all’american way of life, è liberissimo di farlo. Ma mi ricorda molto quei critici che parlavano di rivoluzione cinematografica per quella porcata di Blair Witch Project.
Forse, il tutto funzionerebbe meglio a pillole, in televisione o su Internet, come nelle scene tagliate che compaiono su You Tube. Ma non mi dite che Sacha Baron Cohen (individualista, originale, divertente) vuole “minare le fondamenta del sistema americano”. Se non sapessi che è inglese, penserei che ha un passaporto a stelle e strisce…