Bones 12x12 "The End in the End": la recensione

La nostra recensione del dodicesimo ed ultimo episodio di Bones, intitolato The End in the End

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Spoiler Alert
I finali di serie sono da sempre una questione delicata per i fan: il tempo, l'energia e le emozioni che si investono in uno show televisivo sono cose che possono apparire grottesche ad un outsider, ma non esiste amante dei prodotti televisivi che non concordi quando si tratta di spiegare fino a che punto i protagonisti di una cosa così frivola come uno show riescano a entrare nei loro cuori, nelle mura della loro casa per far parte della famiglia e a diventare quel piccolo piacere proibito che porta una persona a sintonizzarsi episodio dopo episodio, stagione dopo stagione, anno dopo anno per seguire le vicende di persone che non sono reali, ma che comunicano comunque emozioni vere.

L'avvento dei social media, in un certo senso, ha amplificato queste sensazioni, la possibilità di non sentirsi un'isola in mezzo all'oceano e di trovare, anche a centinaia di migliaia di chilometri, qualcuno con cui condividere una passione e con cui piangere e ridere delle vicende di una serie TV ha reso questo strano mondo un po' meno emarginato. Ecco quindi perché ogni episodio che segni la fine di una serie ha un ruolo tanto importante nell'immaginario collettivo degli spettatori, perché il pubblico sposa le storie di uno show come se le vivesse sulla propria persona e di conseguenza non accetta l'idea di essere tradito proprio in vista del traguardo. Quando una serie come Bones, poi, va avanti per ben 12 anni e 245 episodi, la faccenda si fa persino più complicata: come in ogni matrimonio fan ed autori hanno avuto i loro alti e bassi, hanno superato crisi apparentemente impossibili da superare e sono tornati ad amarsi, se non proprio come la prima volta, almeno con un rinnovato sentimento. Non deludere quindi gli amanti di una serie così longeva (la più longeva della Fox) non era un compito facile. Eppure è stato portato a compimento con notevole maestria.

L'episodio della scorsa settimana si era concluso con un'enorme esplosione che aveva lasciato il pubblico ignaro del destino di Booth, Brennan, Hodgins ed Angela - incinta del suo secondo figlio - rimasti intrappolati all'interno del Jeffersonian. Grazie alla prontezza di riflesso dell'agente dell'FBI, che era riuscito a disinnescare uno dei molti esplosivi nascosti all'interno del laboratorio, tutti e quattro riescono a salvarsi, ma prima che i soccorsi si facciano strada tra le macerie, la tensione all'interno di quella potenziale trappola mortale sale. Angela teme per il suo bambino, il cui cuore fortunatamente batte veloce e saldo e Booth è preoccupato per la sua Bones che, colpita in pieno dall'esplosione, sembra quella che ha subito le peggiori conseguenze. Fin dal suo risveglio, la geniale antropologa appare confusa e spaesata e presto comincerà a rendersi conto che il suo cervello non funziona come è solito fare, ma sembra più lento ed ovattato. Terrorizzato all'idea che Brennan abbia un'emorragia  celebrale, Booth pensa persino di aprirsi un varco nelle mura del laboratorio facendo saltare la bomba che era riuscito a neutralizzare, ma un Hodgins particolarmente duro riesce ad impedirglielo, facendogli ammettere i rischi che una tale azione comporterebbe per la solidità dell'intera costruzione. Nel corso della serie non abbiamo mai avuto molte occasioni per vedere questi due personaggi interagire, Hodgins e Booth sono due uomini profondamente diversi, con ideali e convinzioni agli antipodi, assistere quindi a questo finale scambio tra i due, con l'entomologo che cerca di consolare Booth, facendogli capire che la situazione in cui si trovano non è da imputare a lui, fa rimpiangere che tra questi due uomini così ugualmente forti, eppure diversi, non ci sia stato forse maggiore feeling.

Quando infine i quattro verranno liberati dalle squadre di soccorso, un neurologo che visiterà Brennan rivelerà che l'esplosione ha causato una contusione del corpo calloso del suo cervello, compromettendo la sua capacità di processare informazioni complesse. Come ai tempi della première della prima stagione (Harbingers in the Fountain) in cui l'antropologa dovette prendere degli antidolorifici dopo essere stata aggredita da un sospettato, il suo incredibile cervello non funziona più come prima. Ai tempi, nel suo caratteristico stile abrasivo, disse di sentirsi come le persone di media intelligenza dovevano sentirsi ogni giorno, le cose in questa circostanza sono più o meno le stesse, ma potrebbero essere permanenti, il che deve essere stato un pensiero spaventoso per una scienziata come lei. Con il responsabile dell'esplosione ancora a piede libero, un uomo intenzionato a sterminare la famiglia di Booth e Brennan e far penare loro le sue stesse sofferenze, Brennan non può tuttavia permettersi di perdere il suo acume e deve riuscire comunque ad individuare Kovac.

Così, con Booth dall'FBI che tiene in custodia quella che crede essere la moglie dell'attentatore, e Brennan in laboratorio, con l'aiuto dei suoi collaboratori Arastoo Vaziri, Wendell Bray, Jessica Warren, Daisy Wick, Clark Edison, tutti cercano di rintracciare il folle assassino, ma come può Bones riuscire nell'impresa quando la sua arma più affidabile sembra irrimediabilmente compromessa? Ed è qui che lo show risponde con tutta la forza della coralità che ha saputo costruire in questi 12 anni, perché a trovare gli indizi fondamentali per scoprire dove Kovac si nasconda saranno quegli stessi studenti, molti dei quali sono diventati a loro volta antropologi, che Brennan ha formato negli anni. Come dice loro Hodgins, incoraggiandoli a trovare le risposte che cercano, tutti loro sono stati addestrati per una simile evenienza e anche senza la loro mentore possono sicuramente trovare ciò che cercano. Sebbene per arrivare alla stessa conclusione a cui Brennan era arrivata prima che l'esplosione la colpisse ci vorranno ben cinque cervelli, quello che conta è che forniranno a Booth la chiave di lettura giusta per trovare l'assassino di Max e mettere fine a questa storia.

Nonostante in quella terribile esplosione non sia quindi morto nessuno, metaforicamente parlando è come se una parte di Brennan se ne sia andata per sempre. Quella più razionale e chiusa, contrapposta a quella che la fa correre da Booth disorientata, a chiedersi chi ella sia davvero senza la sua brillante mente. Ed in una scena che fa decisamente battere il cuore, il Booth protettivo, il marito affettuoso ed il suo partner di sempre e per sempre, elencherà tutte una serie di ragioni per cui lui la ami e continuerà ad amarla a prescindere dalla sua capacità di risolvere un crimine o di usare il suo eccezionale. La Brennan delle prime stagioni forse era solo un genio, quella di oggi è questo e molto di più: è una moglie, una madre, una donna compassionevole e razionale che può permettersi anche di essere fragile e di rifugiarsi nelle braccia di qualcuno che l'accoglierà sempre senza riserve. C'è un che di confortante in questa, forse un po' banale, verità: ma questa serie non ha tradito i suoi fan nelle sue battute finali e pur agendo in un mondo terribile, fatto di omicidi e morte, ha ancora una volta scelto di esaltare la semplicità dei buoni sentimenti, ha scelto di dare conforto e speranza.

Archiviato il caso Kovac, dopo una scena d'azione piuttosto concitata in cui tra l'altro - nel momento stesso in cui Booth ne avrà più bisogno - Brennan riacquisterà completamente tutte le sue capacità cognitive, torniamo al Jeffersonian o a quello che ne è rimasto, con Cam, Brennan, Angela ed Hodgins che sistemano in alcuni scatoloni tutto quello che vogliono venga conservato e che è sopravvissuto all'esplosione. Vederli riempire quelle scatole è come fare un viaggio sul viale dei ricordi: la foto di Vincent Nigel-Murray, gli elastici che Hodgins ha sempre tenuto al polso per tenere sotto controllo la sua tendenza alla rabbia, il libro di poesie persiane regalate da Arastoo a Cam, la saliera che la figlia adottiva di Michelle aveva conservato per Cam, fotografie di un lontano passato... E infine Cam rivelerà ai suoi amici di aver omesso con loro la verità: insieme ad Arastoo non hanno deciso di fare una lunga luna di miele, ma staranno via sei mesi per poter vivere nel Mississipi con i tre figli che hanno deciso di adottare prima di tornare alle loro vite a Washington portandoli con loro. Per questa ragione, inoltre, Cam affiderà la direzione ad interim del Jeffersonian a Hodgins che, finalmente ed ufficialmente sarà il vero "re del laboratorio", mentre Aubrey - all'FBI - annuncerà a Booth la sua decisione di rimanere in città e non trasferirsi a Los Angeles e chissà, forse trovare una nuova compagna nella buffa ed eccentrica psicologa Karen Delfs.

La scena finale non poteva che essere dedicata ai due protagonisti di questa lunga storia d'amore: Booth e Brennan.
A dare l'occasione per concludere il loro viaggio saranno le cose che l'antropologa, come i suoi amici, avrà salvato dal laboratorio. E in quello stesso giardino in cui, nel pilot, una giovane e socialmente impacciata Temperance Brennan inseguiva l'aitante agente dell'FBI pregandolo di coinvolgerla nell'indagine di omicidio che stava seguendo o in cui, tre anni prima, si sono scambiati i voti, anche questa inossidabile coppia guarderà al loro passato assieme: un disegno di Parker, il figlio di Booth, il libro di Sweets a loro dedicato, il maialino di plastica Jusper e un orologio rotto, fermo alle 4:47, il momento dell'esplosione, che va a risolvere il mistero di questo numero ricorrente nella serie. Brennan, poco prima di allontanarsi con Booth da quella panchina del Rose Garden, continuando a battibeccare con lui sui loro reciprochi acciacchi, comunica al marito la sua volontà di appendere l'orologio nel suo nuovo ufficio quando il laboratorio riaprirà:
Booth: "Perché vuoi ricordarti il momento in cui è quasi finito tutto?"
Brennan: "Perché non è finito."

Esiste forse un modo migliore di concludere una serie?

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