Bones 12x12 "The End in the End": la recensione
La nostra recensione del dodicesimo ed ultimo episodio di Bones, intitolato The End in the End
L'avvento dei social media, in un certo senso, ha amplificato queste sensazioni, la possibilità di non sentirsi un'isola in mezzo all'oceano e di trovare, anche a centinaia di migliaia di chilometri, qualcuno con cui condividere una passione e con cui piangere e ridere delle vicende di una serie TV ha reso questo strano mondo un po' meno emarginato. Ecco quindi perché ogni episodio che segni la fine di una serie ha un ruolo tanto importante nell'immaginario collettivo degli spettatori, perché il pubblico sposa le storie di uno show come se le vivesse sulla propria persona e di conseguenza non accetta l'idea di essere tradito proprio in vista del traguardo. Quando una serie come Bones, poi, va avanti per ben 12 anni e 245 episodi, la faccenda si fa persino più complicata: come in ogni matrimonio fan ed autori hanno avuto i loro alti e bassi, hanno superato crisi apparentemente impossibili da superare e sono tornati ad amarsi, se non proprio come la prima volta, almeno con un rinnovato sentimento. Non deludere quindi gli amanti di una serie così longeva (la più longeva della Fox) non era un compito facile. Eppure è stato portato a compimento con notevole maestria.
Quando infine i quattro verranno liberati dalle squadre di soccorso, un neurologo che visiterà Brennan rivelerà che l'esplosione ha causato una contusione del corpo calloso del suo cervello, compromettendo la sua capacità di processare informazioni complesse. Come ai tempi della première della prima stagione (Harbingers in the Fountain) in cui l'antropologa dovette prendere degli antidolorifici dopo essere stata aggredita da un sospettato, il suo incredibile cervello non funziona più come prima. Ai tempi, nel suo caratteristico stile abrasivo, disse di sentirsi come le persone di media intelligenza dovevano sentirsi ogni giorno, le cose in questa circostanza sono più o meno le stesse, ma potrebbero essere permanenti, il che deve essere stato un pensiero spaventoso per una scienziata come lei. Con il responsabile dell'esplosione ancora a piede libero, un uomo intenzionato a sterminare la famiglia di Booth e Brennan e far penare loro le sue stesse sofferenze, Brennan non può tuttavia permettersi di perdere il suo acume e deve riuscire comunque ad individuare Kovac.
Nonostante in quella terribile esplosione non sia quindi morto nessuno, metaforicamente parlando è come se una parte di Brennan se ne sia andata per sempre. Quella più razionale e chiusa, contrapposta a quella che la fa correre da Booth disorientata, a chiedersi chi ella sia davvero senza la sua brillante mente. Ed in una scena che fa decisamente battere il cuore, il Booth protettivo, il marito affettuoso ed il suo partner di sempre e per sempre, elencherà tutte una serie di ragioni per cui lui la ami e continuerà ad amarla a prescindere dalla sua capacità di risolvere un crimine o di usare il suo eccezionale. La Brennan delle prime stagioni forse era solo un genio, quella di oggi è questo e molto di più: è una moglie, una madre, una donna compassionevole e razionale che può permettersi anche di essere fragile e di rifugiarsi nelle braccia di qualcuno che l'accoglierà sempre senza riserve. C'è un che di confortante in questa, forse un po' banale, verità: ma questa serie non ha tradito i suoi fan nelle sue battute finali e pur agendo in un mondo terribile, fatto di omicidi e morte, ha ancora una volta scelto di esaltare la semplicità dei buoni sentimenti, ha scelto di dare conforto e speranza.
Archiviato il caso Kovac, dopo una scena d'azione piuttosto concitata in cui tra l'altro - nel momento stesso in cui Booth ne avrà più bisogno - Brennan riacquisterà completamente tutte le sue capacità cognitive, torniamo al Jeffersonian o a quello che ne è rimasto, con Cam, Brennan, Angela ed Hodgins che sistemano in alcuni scatoloni tutto quello che vogliono venga conservato e che è sopravvissuto all'esplosione. Vederli riempire quelle scatole è come fare un viaggio sul viale dei ricordi: la foto di Vincent Nigel-Murray, gli elastici che Hodgins ha sempre tenuto al polso per tenere sotto controllo la sua tendenza alla rabbia, il libro di poesie persiane regalate da Arastoo a Cam, la saliera che la figlia adottiva di Michelle aveva conservato per Cam, fotografie di un lontano passato... E infine Cam rivelerà ai suoi amici di aver omesso con loro la verità: insieme ad Arastoo non hanno deciso di fare una lunga luna di miele, ma staranno via sei mesi per poter vivere nel Mississipi con i tre figli che hanno deciso di adottare prima di tornare alle loro vite a Washington portandoli con loro. Per questa ragione, inoltre, Cam affiderà la direzione ad interim del Jeffersonian a Hodgins che, finalmente ed ufficialmente sarà il vero "re del laboratorio", mentre Aubrey - all'FBI - annuncerà a Booth la sua decisione di rimanere in città e non trasferirsi a Los Angeles e chissà, forse trovare una nuova compagna nella buffa ed eccentrica psicologa Karen Delfs.
La scena finale non poteva che essere dedicata ai due protagonisti di questa lunga storia d'amore: Booth e Brennan.
A dare l'occasione per concludere il loro viaggio saranno le cose che l'antropologa, come i suoi amici, avrà salvato dal laboratorio. E in quello stesso giardino in cui, nel pilot, una giovane e socialmente impacciata Temperance Brennan inseguiva l'aitante agente dell'FBI pregandolo di coinvolgerla nell'indagine di omicidio che stava seguendo o in cui, tre anni prima, si sono scambiati i voti, anche questa inossidabile coppia guarderà al loro passato assieme: un disegno di Parker, il figlio di Booth, il libro di Sweets a loro dedicato, il maialino di plastica Jusper e un orologio rotto, fermo alle 4:47, il momento dell'esplosione, che va a risolvere il mistero di questo numero ricorrente nella serie. Brennan, poco prima di allontanarsi con Booth da quella panchina del Rose Garden, continuando a battibeccare con lui sui loro reciprochi acciacchi, comunica al marito la sua volontà di appendere l'orologio nel suo nuovo ufficio quando il laboratorio riaprirà:
Booth: "Perché vuoi ricordarti il momento in cui è quasi finito tutto?"
Brennan: "Perché non è finito."
Esiste forse un modo migliore di concludere una serie?