Bodkin (stagione 1), la recensione
Bodkin è un buon thriller con cui passare qualche serata, divorando un episodio dopo l'altro grazie a un sapiente utilizzo dei cliff hanger
Bodkin, la recensione della stagione 1, disponibile su Netflix da oggi 9 maggio.
La trama di Bodkin
A seguito di un evento sfortunato, la giornalista Dove (Siobhán Cullen) viene incaricata di affiancare i podcaster Gilbert (Will Forte) e Emmy (Robyn Cara) oltreoceano, più precisamente nella cittadina montana di Bodkin, in Irlanda. Usi e costumi del luogo sono ben conosciuti da dove, che ha origini proprio nel paese, e malvolentieri accetta il nuovo incarico. Gilbert ha pubblicato un podcast di successo, ma dopo quell'opera prima sta cercando ancora la storia perfetta. Emmy è la sua assistente, e obbedisce ciecamente a ogni ordine che le viene impartito.
Bodkin è una cittadina tranquilla, ma venticinque anni prima ha visto la sparizione di tre persone. I nostri sono qui proprio per indagare sulla vicenda, e registrare un podcast true crime dedicatole. Si troveranno di fronte ogni tipo di cittadino, da quelli più ciarlieri a quelli che gli diranno solo bugie, come se tutti fossero d'accordo su cosa dire durante le interviste. Man mano che si susseguono gli episodi però, il mistero si dipanerà, diventando più di un semplice racconto per un podcast.
Cullen e Forte sono due lati del giornalismo, con due metodi completamente diversi di ottenere confessioni e risposte. L'intera serie è un 'altalena tra i due metodi, e sarà lo spettatore a decidere quale è quello giusto (sempre che ci sia). Anche gli altri attori riescono a essere convincenti, passando dal sembrare innocenti a colpevoli e viceversa. L'esempio più concreto è il Seamus di David Wilmot, forse il personaggio convincente dell'intera serie tv. Sebbene proponga un mistero molto classico, fatto specialmente di ribaltamenti all'ultimo istante, Bodkin riesce a dire la sua con dei dialoghi ben scritti e sempre puntuali.
Costruire attorno a una buona storia
Il punto forte di Bodkin sfrutta a pieno l'uscita in blocco su Netflix. Ogni episodio si conclude con un cliffhanger spesso indovinato, che riesce a invogliare lo spettatore ad andare avanti. Questo si sposa ottimamente con l'uscita in blocco, nonostante ogni puntata duri circa un'ora. Lato tecnico siamo nella norma, sia per la regia che per la fotografia. Non mancano però alcune trovate di montaggio intelligenti, come un episodio che si divide in tre e analizza i punti di vista del trio di protagonisti riavvolgendo ogni volta gli eventi.
Molto buono anche tutto il contorno, dalle musiche alle ambientazioni. Gli scorci irlandesi di Bodkin fanno parte dell'esperienza, così come la sigla che regala ogni volta suggestioni diverse riguardo a ciò che accadrà nella puntata. In questi anni in cui i podcast hanno spopolato, con quasi una seconda giovinezza, Bodkin mette in scena luci e ombre del mestiere, tirando anche qualche stilettata al giornalismo odierno. Un messaggio nascosto sotto il velo del thriller e sotto le battute più riuscite e al vetriolo.
Bodkin è un buon thriller con cui passare qualche serata, divorando un episodio dopo l'altro grazie a un sapiente utilizzo dei cliff hanger. La serie tv di Jez Scharf non fa nulla di nuovo, ma riesce comunque a tenere alta l'attenzione mescolando il thriller a momenti più leggeri. I tre protagonisti funzionano e non fatico a immaginare una seconda stagione, se questa dovesse andare bene.