Bloody Park, la recensione
Bloody Park è una storia intrigante e feroce da cui emergono, inaspettatamente, malinconia e umanità
Classe 1971, ha iniziato a guardare i fumetti prima di leggerli. Ora è un lettore onnivoro anche se predilige fumetto italiano e manga. Scrive in terza persona non per arroganza ma sembrare serio.
L'opera originale, un thriller dai forti connotati horror, si addice alla perfezione alla linea editoriale della casa editrice abruzzese, in quanto incentrata su uno spietato assassino noto nel deep web come The Butcher: uno pseudonimo più che meritato, dato che il serial killer è solito macellare le proprie prede, una volta catturate.
Franco – che oltre al nome, nel fumetto ha anche le fattezze di Trentalance – è certamente un folle psicopatico, ma non un misantropo o un misogino. Nella vita di tutti i giorni cura amorevolmente e con passione un vasto parco naturale situato nei pressi dell'incantevole località di Mozzano, nell'Italia centrale. È qui che giunge la giovane e bella americana Alba Scott, per raccogliere materiale per la tesi che sta preparando all'Università di Firenze. Inevitabilmente, la ragazza attira le attenzioni di The Butcher, con la vicenda che assumerà sviluppi spiazzanti.
Il prodotto finale è una storia intrigante e feroce, sottesa da un leggero velo di malinconia da cui trapela un'inaspettata umanità, in puro stile Ink.