Bloodshot Rising Spirit voll. 1 - 2, la recensione

Bloodshot Rising Spirit non è all'altezza di quanto visto in precedenza sul personaggio e offre una rivisitazione delle sue origini poco convincente

Fumettallaro dalla nascita, ha perso i capelli ma non la voglia di leggere storie che lo emozionino.


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Bloodshot: Rising Spirit #1, anteprima 01

A marzo arriverà in tutte le sale cinematografiche Bloodshot, adattamento cinematografico dell’omonimo fumetto Valiant. Il super soldato con i naniti sarà portato sul grande schermo dal noto attore Vin Diesel, a rimarcare quanto Sony creda nel progetto. In attesa di scoprire se l’operazione riuscirà, Star Comics ha pubblicato in contemporanea due volumi in cui ha raccolto gli otto numeri della serie Bloodshot Rising Spirit.

Trattasi di un prequel di quanto letto fin qui sul personaggio, un'occasione per offrire ai lettori esperti uno spaccato sul passato del protagonista e ai nuovi un ideale punto d’ingresso in questo universo narrativo. In cabina di regia troviamo un team di scrittori composto da Zac Thompson, Lonnie Nadler, Kevin Grevioux ed Eliot Rahal, coadiuvati al tavolo da disegno da Ken Lashley, John K. Snyder III, Rags Morales, Alessandro Micelli, Chriscross, Jordi Tarragona, Diego Yapur e Grey Willamson.

Una moltitudine di voci e tratti grazie alla quale scopriamo la genesi del Progetto Spirito Nascente e facciamo la conoscenza di Angelo Mortalli, un malvivente di bassa lega ucciso durante una rappresaglia contro una famiglia rivale. Nei vari capitoli seguiamo gli esperimenti condotti al fine di ottenere l’arma definitiva, i tentativi di sovrascrivere e stabilizzare i ricordi della cavia e le devastanti conseguenze che ha comportato gettare nella mischia un assassino tanto letale.

"Una rivisitazione della genesi di Bloodshot non all’altezza delle storie del passato"Per chi ha avuto il piacere di leggere le precedenti serie dedicate al personaggio – come Bloodshot: Reborn e Bloodshot: Salvation – questo nuovo prodotto rappresenterà un po’ una delusione sotto diversi aspetti: su tutti, si avverte la totale mancanza di un adeguato lavoro di caratterizzazione del personaggio. L'approfondimento portato avanti da Jeff Lemire ha fatto sì che il titolo acquisisse un maggior spessore, andando a completare la preminente vena action della prima iterazione di Bloodshot. Lasciando emergere il lato più umano, lo sceneggiatore canadese aveva declinato di volta in volta il mito del soldato alla ricerca di sé e di redenzione con sfumature sempre diverse.

Non rintracciamo nulla di tutto ciò su queste pagine. La costruzione ex novo del personaggio passa attraverso un percorso che guarda più ai film d’azione anni Novanta, puntando tutto su ritmo elevato, sequenze di scontro e continue esplosioni. Per quanto possa risultare una lettura complessivamente piacevole, la storia scorre via senza lasciare traccia o spunti d’interesse. Anche il colpo di scena finale, che avrebbe dovuto sconvolgere tutto ciò che sapevamo di Bloodshot, si rivela poco incisivo.

I due volumi proposti dall’editore perugino hanno impostazioni diverse: il primo è molto più frammentato, con storie ambientate in località ed epoche diverse che si susseguono freneticamente; il secondo è più lineare e meno nervoso nello sviluppo. Discorso inverso per quanto concerne la componente artistica: Errore di programma è caratterizzato dallo stile spigoloso di Lashley, mentre Un tipo di nome Ray ha diversi interpreti che non riescono a creare un amalgama omogeneo.

La mancanza di una visione chiara e unitaria è il limite più grande di questa serie, che in definitiva propone una rivisitazione della genesi di Bloodshot non all’altezza delle storie del passato.

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