Bloodshot Reborn vol. 3: L'Uomo Analogico, la recensione
Abbiamo recensito per voi il terzo volume di Bloodshot Reborn, di Jeff Lemire, Lewis LaRosa e Butch Guice
Fumettallaro dalla nascita, ha perso i capelli ma non la voglia di leggere storie che lo emozionino.
La Los Angeles del futuro è una città tecnologicamente avanzata, circondata da alte mura sorvegliate da droni sentinella X-O Manowar. All’esterno - un territorio brullo, inospitale e desertico - la vita è tutt’altro che facile, ma è proprio qui che si muove l’ex killer perfetto, intento a proteggere gli abitanti del villaggio e a procacciare le risorse minime necessarie per sopravvivere. Il quotidiano trascorre noioso e polveroso, ma per Ray non è mai tempo di abbassare la guardia: gli Shadowmen potrebbero giungere inattesi e fare razzie. Bloodshot è inoltre sulle tracce dell’Uomo nella Torre, il mandante dell’omicidio di Magic, affiancato da un ormai anziano Ninjak.
Spettacolari scene d’azione si alternano ai momenti di riflessione, cadenzati da dialoghi intensi e dosati con grande maestria; e il merito della riuscita di questa serie sta proprio nel grande lavoro che l’autore canadese sta mettendo in atto sul protagonista, abbandonando soluzioni da spy-story, da racconto di guerra, e lasciando trapelare un’umanità profonda, piena di dubbi e interrogativi senza risposta. La maturazione del personaggio prosegue secondo un percorso funzionale e ben delineato, in cui la sapiente penna di Lemire scava a fondo nel suo animo, evidenziando paure e ansie.