Bloodshot Reborn vol. 1: Colorado, la recensione

Abbiamo recensito per voi il primo volume di Bloodshot Reborn, la serie Valiant di Lemire, Suayan e Baron

Fumettallaro dalla nascita, ha perso i capelli ma non la voglia di leggere storie che lo emozionino.


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C'è stato un tempo in cui Bloodshot era l'arma suprema creata in laboratorio dal Progetto Spirito Nascente: un soldato perfetto progettato solo ed esclusivamente per uccidere, una macchina di morte inarrestabile che portava sempre a termine le sue missioni.

Ora, però, qualcosa sembra essere scattato nella mente di Bloodshot. Ha sviluppato una coscienza critica nei confronti dei suoi mandanti e un forte desiderio di conoscere quel passato che è stato rimosso dai ricordi di Ray Garrison e che oggi - in questo primo volume del nuovo corso editoriale - aleggia su di lui come un demone interiore che tutto corrode.

Bloodshot Reborn prende il via sei mesi dopo The Valiant, il cruciale evento Valiant in cui il nostro guerriero era stato privato dei naniti da Kay McHenry, la Geomante della Terra. Dopo aver ripreso possesso del suo corpo, ha deciso di stabilirsi in Colorado, presso il Red River Motel, dove trascorre le giornate facendo piccoli lavoretti che gli consentono di sopravvivere in questo "esilio forzato", lontano dalla guerra, dalla distruzione e dalla sete di sangue che si appaga solo con la morte.

L'azione diurna tiene impegnata e sgombra la mente, ma la notte Ray è costretto a ricorrere all'alcol e alle droghe per cercare di tenere a freno i nefasti ricordi che gli straziano l'anima. Una serie di violenti omicidi compiuti da assassini con la pelle bianca e un cerchio rosso all'altezza del petto spingono un uomo distrutto verso strade che pensava di essersi lasciato alle spalle: un viaggio sull'orlo del precipizio a fari spenti nella notte.

Lontano dalla battaglia e dal fragore dello scontro, privo dei naniti, Ray - ma è davvero questo il suo nome? - è un uomo solo, senza passato né identità. Sul comodino conserva un fascicolo in cui è contenuto il suo dossier: tutto quello che ha sempre voluto sapere per ricostruire la sua vita. Eppure la sua apertura viene procrastinata e la possibilità di determinare il proprio destino non sfruttato, come una maledizione che lo tiene incollato in un limbo fatto di autocommiserazione.

Autore di questi primi cinque capitoli non poteva che essere Jeff Lemire, vero e proprio demiurgo di quell'incredibile affresco che è Bloodshot Reborn. Da vero indagatore della psiche, lo sceneggiatore canadese ci conduce attraverso le notti buie di Ray, tra le paure di chi - incerto sulla propria natura - preferisce restare nel dubbio piuttosto che affrontare la realtà, bella o brutta che sia. Non servono alcol o tranquillanti, non bastano le voci di Kay e Bloodsquirt - creazioni mentali che incarnano l'animo guerriero e umano del protagonista - a riportare tutto a una condizione più stabile.

Se la prima parte del volume si regge proprio sul precario equilibrio psichico di Bloodshot, nella sua seconda parte Lemire spinge sull'acceleratore lasciando che la peculiarità di questo titolo - l'azione - torni centrale. La lettura scorre fluida, carica di pathos, thrilling e avvenimenti densi di drammaticità. Tutto viene estremizzato e portato a un livello più profondo in cui si avverte il male - fisico e morale - come un'entità a sé stante che va a rimpolpare un cast di comprimari già arricchito di nuovi interpreti. Tra tutti spicca la detective Diane Festival, esperta criminologa in grado di rivivere la scena del delitto. Sarà curioso scoprire come il suo percorso e quello di Bloodshot si incroceranno.

La solida sceneggiatura viene supportata dalle matite di un convincente Mico Suayan. Il tratto iperrealistico dell'artista è potente e conquista per la grande tensione plastica delle sue figure, oltre che per l'espressività dei primi piani. Poco importa se ci troviamo nel buio di una stanza di un motel o sulle tracce dell'omicida, lo storytelling di Suayan è fluido, dinamico e si sposa benissimo con il ritmo imposto da Lemire.

Il capitolo finale di questo imperdibile volume è invece affidato a Raul Allen, che, sebbene sia dotato di un tratto completamente diverso, mantiene alto il livello generale. Il suo è uno stile psichedelico, debitore dell'illustrazione pubblicitaria, che lo porta a creare tavole godibili e di grande impatto.

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