Blizzard Arcade Collection, come entrare in un vecchio Blockbuster e non affittare nulla | Recensione

Se dal punto di vista documentaristico Blizzard Arcade Collection ha indiscutibilmente il suo senso e una ragione d’essere, da quello prettamente e puramente ludico sorgono diversi dubbi

Lorenzo Kobe Fazio gioca dai tempi del Master System. Scrive per importanti testate del settore da oltre una decina d'anni ed è co-autore del saggio "Teatro e Videogiochi. Dall'avatara agli avatar".


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Blizzard Arcade Collection è, senza mezzi termini, una raccolta di per sé pressocché inutile, destinata ad un ristrettissimo pubblico di feticisti di roba vecchia, nonché alla cerchia di irriducibili fan ossessionati da qualsiasi cosa concepita, sviluppata e pubblicata dalla software house americana.

Allo stesso tempo, tuttavia, è un affascinante viaggio nel tempo, romantico e agrodolce, in un’epoca che non esiste più, in un lontanissimo passato in cui l’industria videoludica mirava a traguardi meno ambiziosi, ma che altrettanto sicuramente era più genuina, spontanea, a suo modo audace.

Ben più che per i (soli) tre giochi proposti nel pacchetto, di cui solo i più esperti avranno memoria, e di cui quasi nessuno sentiva realmente la mancanza, Blizzard Arcade Collection intrattiene grazie al materiale extra contenuto e custodito tra i suoi menù, testimonianze tangibili del clima che si respirava tra le stanze dello studio di sviluppo quando ancora si chiamava Silicon & Synapse. Foto, artwork, didascalie, alcuni video dei diretti interessati che, ai giorni nostri, ripercorrono le principali tappe della loro carriera e descrivono gli sforzi creativi che hanno permesso crescita ed evoluzione di Blizzard.

[caption id="attachment_223522" align="aligncenter" width="1000"]Blizzard Arcade Collection screenshot Come ormai da tradizione, anche in Blizzard Arcade Collection potrete riavvolgere di una manciata di secondi le lancette del tempo per rimediare a qualche errore compiuto giocando[/caption]

Appassionati e curiosi, insomma, troveranno estremamente attrattiva e stuzzicante questa parte della produzione, sezione che, ciononostante, si consuma completamente nel giro di un pomeriggio, quasi si trattasse di un documentario interattivo che, tra le altre cose, entra nel merito della lore dei tre titoli di cui sopra.

Questi, per la cronaca, sono Blackthorne, The Lost Vikings e Rock N Roll Racing. Vi dicono qualcosa? Se no, tranquilli, non significa affatto che nel vostro curriculum da videogiocatori navigati manchi chissà quale pietra miliare imprescindibile. Per quanto all’epoca seppero far divertire, e ovviamente contribuirono alla crescita di quella che sarebbe diventata Blizzard un giorno, già all’epoca non tracciarono nessuna linea di demarcazione dopo la loro pubblicazione.

Blackthorne risponde ad una semplice domanda: cosa accadrebbe se armassimo il Principe di Persia di fucile e lo abbandonassimo in un pianeta zeppo di alieni da eliminare? Metroidvania embrionale, mescolava brevi sparatorie con tanto platforming, puntando anche su una trama relativamente sviluppata e ben scritta per l’epoca. Peccato che al giorno d’oggi i controlli macchinosi e il sistema di password utilizzato per ricominciare l’avventura dove la si era abbandonata mettano in mostra tutti i limiti di un prodotto che ha evidentemente fatto il suo tempo, divertente giusto sulle prime.

The Lost Vikings, dal canto suo, può essere accostato a Lemmings, per certi versi, con la differenza che a raggiungere l’uscita ci sono solo tre personaggi, di cui potrete prendere direttamente il controllo a vostro piacimento, ognuno dotato delle sue abilità con cui risolvere enigmi ed eliminare i nemici lungo il percorso. Lo scudo di uno dei tre vichinghi, per esempio, è utile per riparare gli altri dai raggi laser, mentre l’arco di un altro del terzetto può eliminare dalla distanza qualsiasi minaccia. Del pacchetto è sicuramente il videogioco invecchiato meglio, non fosse per il level design, a tratti davvero brillante.

Chiude la lista Rock N Roll Racing, racing con vista dall’alto in stile Micro Machines e R.C. Grand Prix. Stile molto steampunk, con colonna sonora che remixa e riarrangia in chiave 16-bit alcuni grandi classici della musica metal e rock, si lascia giocare non fosse altro per il buon ritmo e per la suggestione di viaggiare nello spazio seguendo le varie tappe del torneo galattico a cui prenderete parte. Resta l’assoluta certezza che dopo esservi guadagnati il titolo di campioni dell’universo la prima volta, non avrete altre motivazioni valide per riavviare il software.

[caption id="attachment_223523" align="aligncenter" width="1000"]Blizzard Arcade Collection screenshot Tutti e tre i giochi sono proposti in varie edizioni, spesso comprensive di piccole aggiunte rispetto alle release originarie. In ogni caso non ci sarà alcuna miglioria ulteriore che avvicini i giochi alla contemporaneità[/caption]

Se dal punto di vista documentaristico Blizzard Arcade Collection ha indiscutibilmente il suo senso ed una ragione d’essere, da quello prettamente e puramente ludico sorgono diversi dubbi. Solo un gioco, difatti, risulta longevo e intrigante anche oggi per un pubblico mediamente vasto. Gli altri due sono carne per palati raffinati, disposti a scendere a compromessi più per amore verso Blizzard, che per il reale divertimento che se ne può trarre fruendoli.

In definitiva, si tratta di una raccolta sotto le aspettative sia dal punto di vista prettamente quantitativo, che da quello qualitativo. A meno che non siate ossessionati dalla storia del team americano, o che possiate acquistare il gioco a prezzo scontatissimo, ci sono davvero poche ragioni per farne propria una copia.

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