Bliss, la recensione
Il nostro mondo non è quello vero, e quello vero è meglio. Allora perché qualcuno vive in una simulazione? Bliss risponde
Di questo capitale di trama anni ‘90 Bliss fa davvero il peggior uso possibile, unisce molto male tecnologia e animismo, cioè lo spiritualismo delle esistenze su piani diversi e la concretezza dei mondi alternativi tecnologici proiettati avanti nel futuro, dando sempre la sensazione che invece di arricchire un tipo di visione con l’altra (come faceva, di nuovo, Matrix) le stia impoverendo entrambe, riducendole al minimo comun denominatore per farle scontrare invece di trovare una strana e imprevista armonia.
C’è da chiedersi come mai un film simile non sia stato diretto da Terry Gilliam ma in realtà è tutto frutto di Mike Cahill, sceneggiatore e regista, che già con Another Earth e I Origin aveva cercato di creare un sottogenere della fantascienza che porti il suo nome, usare spunti molto interessanti (più di quello di Bliss) per esplorare tematiche umane. Solo che come spesso gli capita già dopo pochi minuti di trama accartoccia la parte di fantascienza e dichiara di averla usata come un inganno per attirare lo spettatore e proporgli un altro tipo di film.
Bliss è un film indie e intellettuale con anche un lato commerciale che non ce l’ha fatta. Che non riesce mai a trasformare una premessa accattivante in un’occasione di cinema, ma che si limita al più misero agitare un’idea nota (la scoperta di aver vissuto in una simulazione) per riciclare un film vecchissimo con idee luddiste.
Sei d'accordo con la nostra recensione di Bliss? Diccelo nei commenti dopo averlo visto su Prime Video!