Blindspot 5x11 "Iunne Ennui": la recensione [FINALE DI SERIE]

I titoli, in Blindspot, hanno sempre avuto uno specifico significato e, nel caso del finale di serie Iunne Ennui, descrive una sensazione: la recensione

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Blindspot 5x11 "Iunne Ennui": la recensione del finale di serie

I titoli, in Blindspot, hanno sempre avuto uno specifico significato, perché anagrammati davano degli indizi sull'episodio stesso o perché, come nel caso del finale di serie Iunne Ennui, descrivevano una sensazione, la perfetta quadratura del cerchio. Le due parole compongono infatti un palindromo, cioè una parola che può essere letta nello stesso modo sia che lo facciate da sinistra a destra che da destra a sinistra. Un cerchio perfetto, appunto, che in questo caso inizia e finisce in un luogo simbolo per la serie: l'affollatissima Times Square con al centro la Jane di Jaimie Alexander.

Il penultimo episodio di due settimane fa si era concluso con l'inaspettata morte di Madeline Burke (Mary Elizabeth Mastrantonio), una delle più sfuggenti antagoniste che la squadra dell'FBI in fuga abbia mai affrontato in 5 anni di serie, tanto che in molti si erano chiesti su cosa sarebbe stato centrato il finale di serie dopo il vuoto lasciato da un personaggio tanto ingombrante. Per quanto Ivy (Julee Cerda) fosse infatti un'avversaria pericolosa ed il fatto che fosse fuggita con tanto ZIP da poterne fare una bomba e costituire, ancora una volta, una minaccia per la martoriata città di New York, non significava che il personaggio fosse necessariamente quello che ci si aspettava il team affrontasse prima della sua gloriosa buonuscita. E l'episodio stesso, infatti, non si concentra tanto su questa finale avventura, nonostante l'FBI le dia la caccia quasi fino all'ultimo fotogramma, quanto piuttosto su Jane e su ciò che le sta accadendo dopo essere stata (di nuovo!) esposta allo ZIP.

Le allucinazioni di cui la protagonista della serie aveva infatti sofferto nel passato, sintomo del fatto che la morte stesse sopraggiungendo, sono tornate e questo nonostante il fatto che Patterson (Ashley Johnson) avesse creato un'antidoto proprio per questa evenienza e glielo abbia inoculato salvando i suoi ricordi. La dose di cui Jane però avuto bisogno, a causa del suo passato, era decisamente più massiccia e proprio quando viene messa di fronte alla decisione di curarsi e avere salva la vita o usare le sue allucinazioni per arrivare alla bomba prima della detonazione, lei sceglie chiaramente la seconda opzione e, apparentemente, paga con la vita il suo sacrificio un attimo dopo essere riuscita ad impedire assieme a Kurt (Sullivan Stapleton) l'esplosione di una bomba che avrebbe potuto cancellare la memoria di quasi tutti gli abitanti di Manhattan.

Fingeremo di ignorare il fatto che, se esiste un antidoto creato da Patterson, il senso generale di urgenza creato dall'episodio e dall'impellente esplosione di una bomba di ZIP, subisca un'improvvisa picchiata e ci concentreremo invece su quel senso di ambiguità lasciato dall'episodio. Jane Doe è morta o non è morta?
Secondo Martin Gero, il creatore dello show, non si può parlare esattamente di un finale irrisolto, perché il pubblico si divide sostanzialmente in due nette fazioni, chi crede senza alcun dubbio che la protagonista sia morta alla fine della puntata e che l'idilliaca riunione che vediamo nei fotogrammi finali sia una versione del suo personale Paradiso e chi invece è convinto che sia stata strappata alla morte proprio come viene dichiarato e che le sia stata concessa una vita serena e felice accanto all'uomo che ama ed ai suoi amici. Tutta la scena finale di Iunne Ennui è un'idilliaca visione della realtà dopo una vita vissuta per anni a ritmi indicibili, soffrendo traumi impensabili: i Kurt e Jane che rivediamo parlano infatti di voler diventare genitori tramite adozione, Patterson e Rich Dotcom (Ennis Esmer) sono invece diventati due improbabili Indiana Jones alla ricerca di tesori, mentre Tasha (Audrey Esparza), partorito il figlio del compianto Reade (Rob Brown), dirige una sua agenzia di investigazione. Astenendoci dall'esprimere la nostra opinione in merito al significato di questo finale, ci limiteremo a dire che è una chiusura intrigante, per uno show che non ha sempre brillato nel corso di questi anni.

La seconda e, per buona misura, la prima stagione, restano a nostro avviso le migliori che la serie abbia avuto, quelle con il progetto più chiaro ed interessante, mentre le altre si perdono un po' tutte in una confusione di nomi e cospirazioni portate all'estremo e di nemici talmente improbabili da rasentare il macchiettistico, le cui motivazioni sono solo un lontano e vago ricordo e tutto ciò, nonostante lo showrunner assicuri di aver sempre avuto un progetto quinquennale per Blindspot, pur ammettendo che sia comprensibilmente mutato nel tempo. L'idea di accontentare in maniera inaspettata sia quella parte di pubblico che voleva per i protagonisti una vita felice ed un meritato riposo (non eterno, in questo caso!), sia chi voleva invece che la serie mantenesse sottopelle quei toni drammatici che ha sempre avuto, è apprezzabile. Certamente i suoi estremismi mancheranno, ma bisogna anche ammettere che show come Blindspot, anno dopo anno, hanno sempre più il sapore di un modo di fare televisione ormai (quasi) estinto e legato ad una "vecchia guardia" che - grazie, o a causa, di fiorenti servizi streaming e nuove sfide creative - dà l'impressione di stare lentamente sparendo.

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