Blindspot 1x01 "Pilot": la recensione

Blindspot, una delle serie autunnali più attese, debutta sulla NBC: ecco la recensione del pilot

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L'elemento fondamentale di Blindspot non può che far pensare a Prison Break, ma presto tutto il racconto viene inserito di forza in una cornice tipicamente, salvo eccezioni, da NBC (qua il riferimento principale è The Blacklist). Premessa accattivante, svolgimento tipico, procedurale all'orizzonte. Questa è sostanzialmente la base su cui Greg Berlanti e Martin Gero hanno costruito l'ampiamente pompato primo episodio della serie, uno dei pilot autunnali più attesi, molto premiato dagli ascolti. Il "già visto" non è necessariamente un problema, lo è quando tutto dall'esecuzione ai dialoghi alle interpretazioni viene livellato sull'anonimato e su una generale piattezza.

Per ovvi motivi è quasi impossibile vedere l'episodio senza conoscere la premessa, ed è un peccato perché la cold open si basa su una progressione di eventi altrimenti sorprendenti. Una Times Square quasi deserta l'avevamo vista forse per l'ultima volta in Vanilla Sky. Stavolta non c'entrano le allucinazioni, ma si tratta di un allarme bomba: un borsone lasciato in mezzo alla folla con la scritta "chiamate l'FBI". Giornata da ricordare per l'artificiere che invece dell'esplosivo si vede uscire fuori una donna nuda e ricoperta di tatuaggi. La Jane Doe della situazione (Jaimie Alexander) ha perso la memoria, e l'unico indizio che porta con sé è il nome dell'agente Kurt Weller (un anonimo Sullivan Stapleton). Interrogatori, test, qualche frase fatta ("I want to speak to someone in charge!") e fra i tatuaggi viene scoperta una pista che conduce a un attentato organizzato sul suolo americano.

Si corre, si urla e si spara parecchio nel pilot diretto in modo troppo frenetico da Mark Pellington. Jaimie Alexander, viso e fisico costantemente sofferenti e provati, risolleva in parte una storia che dopo i primi dieci minuti si adagia su uno svolgimento prevedibile e poco coinvolgente. L'interazione tra i due protagonisti è al minimo sindacale, la scoperta delle abilità di Jane non ci dice nulla che non potessimo immaginare fin da subito, lo scattare da un posto all'altro senza respiro può essere un espediente utile a non far sentire il tempo che passa, ma ci lascia poco a fine visione. E c'è una seriosità di fondo che male si concilia innanzitutto con la premessa, ma anche con gli eventi narrati. Su tutti un momento di pericolo in particolare nella metropolitana che si risolve con un "lancio della bomba" alquanto improbabile.

Le rivelazioni finali a quel punto sono due gocce che cadono dopo una lunga siccità. Berlanti, produttore della serie di Supergirl, incontra la Alexander, che a sua volta interpreta una donna straordinaria nell'universo Marvel. Ne è uscito fuori una sorta di Memento che spara raggi da procedurale in tutte le direzioni, ma che – va dato atto – non si capisce su cosa potrebbe basarsi oltre alle indubbie qualità nell'uso delle armi e nel combattimento della protagonista.

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