Bleeding Edge, il controverso brawler multiplayer di Ninja Theory | Recensione

Bleeding Edge non è un brutto gioco, eppure è un brawler multiplayer indicato ad una ristretta schiera di fan del genere.

Lorenzo Kobe Fazio gioca dai tempi del Master System. Scrive per importanti testate del settore da oltre una decina d'anni ed è co-autore del saggio "Teatro e Videogiochi. Dall'avatara agli avatar".


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Bleeding Edge, il controverso brawler multiplayer di Ninja Theory | Recensione

Bleeding Edge non è un brutto gioco. Non è nemmeno un gioco semplice da padroneggiare. E di sicuro non è un titolo che ha scelto un’arena poco affollata di questi tempi.

Del resto, al giorno d’oggi non sono poche le produzioni che tentano la fortuna con il multiplayer competitivo, dovendosi poi scontrare con nomi di grande richiamo come Fortnite, League of Legends ed il sempreverde Overwatch. Come se non bastasse, da Ninja Theory, da sempre grandi creatori di coinvolgenti avventure in single player, tutto ci saremmo aspettati, meno che la prima creatura nata sotto l’ala protettrice di Microsoft potesse essere un brawler online.

Le premesse, insomma, non sono mai state particolarmente favorevoli, già dal trailer con cui il progetto si presentò al grande pubblico.

All’atto pratico, tuttavia, bisogna dare ragione al team inglese di essersela cavata (quasi) alla grande, proponendoci un’esperienza insospettabilmente profonda, per quanto afflitta da diversi problemi e (anche) per questo destinata a rivolgersi al ristrettissimo pubblico di fan del genere.

[caption id="attachment_209591" align="aligncenter" width="1000"] Il character design è di prim’ordine[/caption]

Dodici eroi, cinque arene, due modalità. Sono questi gli impietosi numeri che condannano Bleeding Edge a rimanere, almeno per il momento, un gioco di nicchia, apprezzato e compreso appieno solo dai pochi che decideranno di dedicargli molto tempo.

Serve infatti un lungo apprendistato per scavare la superficie del gameplay proposto e carpirne così l’essenza, un quid fatto di tecniche, mosse e abilità che si rivelano efficaci solo in specifici momenti della partita, solo a patto che tutta la squadra lavori di comune accordo per lo stesso obiettivo.

Indipendentemente dalla modalità scelta, che sia previsto di conquistare porzioni di mappa, piuttosto che di raccogliere e consegnare celle energetiche, il requisito fondamentale per vincere le battaglie 4vs4 è sempre lo stesso: cooperare.

Gli eroi sono divisi in tre categorie, Tank, Curatori e Offensivi, ognuno con parametri specifici, attacchi base caratteristici, abilità speciali uniche. Presi singolarmente possono colpire forte o meno, essere in grado di far recuperare punti vita ai compagni, esibirsi in spettacolari azioni stealth, caricare a testa bassa e così via. La schermata di selezione del personaggio in questo senso è perfetta, perché oltre a dividerli in base al gruppo di appartenenza, segnala quelli relativamente facili da padroneggiare e quelli più complessi, perché dotati di tecniche più efficaci solo in particolarissime situazioni.

Tutti, insomma, hanno qualcosa da dare alla causa, ma possono fare realmente la differenza solo combattendo all’unisono, coordinando gli attacchi in base all’andamento della battaglia.

Ed è proprio sottostando a queste condizioni che si palesano le grandi potenzialità e gli evidenti limiti di Bleeding Edge. A differenza di altri titoli multiplayer, serve esperienza e grande padronanza del combat system degli eroi per divertirsi sul serio. Abbandonarsi al button mashing più indiscriminato non regala alcuna gioia e senza un apprendistato intensivo con cui conoscere perfettamente gli effetti delle tecniche sprigionate, e subite, si resta fin troppo in balia degli avversari, incapaci di incidere realmente sul proseguo della partita.

Tra mod che permettono di donare ai personaggi ulteriori power-up, sbloccabili spendendo le monete guadagnate lottando; finisher alternative che incentivano approcci differenti alla battaglia; elementi dello scenario da sfruttare a proprio vantaggio, come treni che possono travolgere gli avversari o lanciafiamme piazzati da attivare con tempismo, si scopre già dopo le prime partite un gameplay di per sé stratificato, altamente indicato per chi preferisce giochi in cui si vince grazie alla strategia, piuttosto che per merito della prontezza di riflessi.

[caption id="attachment_209592" align="aligncenter" width="1000"] La colonna sonora, fatta di temi electro e dubstep vi catturerà al primo ascolto.[/caption]

Ciononostante, la pochezza di contenuti offerti, ad oggi, fa rima con una certa ripetitività di fondo, spauracchio che con i futuri aggiornamenti, già promessi e previsti dal team di sviluppo, potrà essere allontanato e progressivamente eliminato.

Bleeding Edge è un gioco divertente, che tuttavia impone fin troppe condizioni per essere apprezzato e fruito da un pubblico ampio. Lo strepitoso art design, ben supportato da un netcode granitico e un frame-rate fluido, catturerà chiunque al primo sguardo. In pochi, tuttavia, gli dedicheranno il tempo necessario per padroneggiare a dovere il complesso e sfaccettato gameplay.

Ciò che non funziona, a qualsiasi livello, è la pochezza dei contenuti offerti. Ulteriore difetto che scoraggerà ancor più chi non ama il genere.

Le potenzialità ci sono e spetta a Ninja Theory farle valere nel tempo. Ad oggi, tuttavia, Bleeding Edge è un titolo consigliato solo ad una ristretta cerchia di fan che tuttavia troverà pane per i propri denti.

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