Blackout Love, la recensione
Nonostante storture e indecisioni più o meno piccole, Blackout Love ha una sua morale che, per quanto banale o affermata con non troppa profondità, arriva.
Cosa succederebbe se la vita ci regalasse una seconda possibilità? Le cose andrebbero allo stesso modo o diversamente? È a questo interrogativo paradossale e metafisico che la commedia romantica Blackout Love diretta della regista esordiente Francesca Marino dà la sua personale risposta. Lo fa con pochissimi fronzoli, rimanendo centrato sulla trama e sui suoi personaggi, con una regia divertita e dinamica.
Siamo in piena commedia romantica. Valeria (Anna Foglietta) dopo essere stata lasciata da Marco (Alessandro Tedeschi) un anno prima, una mattina si sveglia e trova l’ex compagno nel suo appartamento. Un momento di confusione, poi la sconcertante presa di coscienza: Marco, chiavi di casa alla mano, ha fatto un incidente e ha dimenticato un intero anno della sua vita. Per lui quella è ancora la sua casa e Valeria è ancora la donna che ama. Peccato che Valeria non abbia dimenticato e, accettando di fare finta di nulla su pressione del medico e della suocera, questa decide di prendersi cura dell’ex con l’intenzione di poterlo poi lasciare lei e avere la sua vendetta. Ma, come da regola, il futuro è in realtà ancora tutto da scrivere.
È vero, il film metafisico è spesso un film dove vige la restaurazione: ci si illude di andare avanti per poi capire che è necessario tornare al punto di partenza. Da questo punto di vista Blackout Love dà l’impressione di essere però non solo totalmente classico, ma quasi anacronistico: le cose vanno in un certo modo perché il film non può deviare da certi standard, da certe aspettative. Nonostante queste più o meno piccole storture e indecisioni, il film ha comunque una sua morale che, per quanto banale o affermata con non troppa profondità, arriva: è la necessità costante di migliorarsi, di guardare dentro sé stessi e vedere anche i propri difetti, poiché le relazioni richiedono collaborazione e non egoismo. Niente di più, niente di meno.
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