Black Sails 1x01, "I.": la recensione

Noioso, privo di equilibrio, poco accattivante: Black Sails non ci è piaciuto

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Sgraziato, noioso, tanto volgare e facilone nell'esposizione quanto patinato nel rifiutare qualunque elemento controverso ed eventualmente poco appetibile. Questo è Black Sails, prequel decisamente apocrifo del capolavoro dell'avventura L'isola del tesoro, risultato della collaborazione tra Michael Bay – che figura tra i produttori – e il network Starz, poco noto per la fedeltà storica delle sue produzioni e più riconoscibile per l'alto tasso di corpi nudi e secchiate di sangue che è propenso a mostrare (Da Vinci's Demons, Spartacus). Un pilot che scivola via lasciandoci perplessi e con una profonda disaffezione, o meglio indifferenza, nei confronti dei protagonisti e delle vicende narrate.

Jonathan E. Steinberg proietta nell'universo piratesco il racconto delle tensioni interne a gruppi sociali sofferenti e posti in condizioni limite che già aveva raccontato in Jericho. Il tema, tanto nelle sue componenti storiche che in quelle di finzione, si presta bene all'argomento. Affiancato nella scrittura da Robert Levine, Steinberg lo spoglia della sua componente avventurosa, che invece era un cardine dell'opera originale di Stevenson, per narrarne i retroscena politici, il contesto storico, le difficoltà economiche, la difficile applicazione delle norme sociali in un luogo che per definizione spesso se ne allontana del tutto. Qui non si parla dei pirati che venivano regolarmente finanziati dalle nazioni europee nel XVI secolo, ma di veri e propri fuorilegge che, come profetizza il capitano Flint ad un certo punto, stanno per essere tramutati in mostri.

Un approccio inconsueto e anche interessante per il tema (tanto lontano dall'Isola del tesoro, ma anche dai Pirati di Polanski o da quelli, probabilmente più familiari, di Jack Sparrow e compagnia), ma che tuttavia vede naufragare il vascello che reca tali propositi in un mare di mediocrità e momenti poco memorabili. Ancora una volta il network paga il prezzo di una rappresentazione, visiva, caratteriale, narrativa che piega il senso storico della vicenda ad un modernismo che si sposa male con la serietà che tutte le premesse di cui sopra imporrebbero. Nemmeno per un istante Spartacus poteva aspirare a spacciarsi per una rappresentazione fedele della Roma che fu, e questa era la sua grande forza. Equilibrio, coerenza, una scelta stilistica che molti avrebbero odiato, ma che si presentava molto onestamente ai suoi spettatori.

Nel mondo di Black Sails, che nomi a parte (Flint, John Silver) non si associa nemmeno per un istante a quello del romanzo da cui tutto ha origine, si incontrano invece le strade di pirati che biascicano discorsi altisonanti attraverso i loro denti bianchissimi e perfetti, di una damigella sboccata poco credibile nel gestire il mercato nero su un'isola di pirati (anche se trova il modo di infilare un "fuck" poco opportuno in ogni linea di dialogo), di un avventuriero che s'improvvisa cuoco e trova anche il modo di farsi pagare un trattamento non da poco al bordello locale. Non convince il cast, che tra le altre cose non spicca per volti particolarmente interessanti (lo scarso e antipatico John Silver di Luke Arnold su tutti), se non forse per Toby Stephens. La scarsa cura nella costruzione visiva dei protagonisti si riflette anche in caratterizzazioni poco incisive e in un costante limitarsi a ricalcare i cliché e le situazioni più immediati (la frase "There's a war/a storm/something coming" andrebbe bandita dal mondo). Il tutto concedendosi, come un diversivo irrinunciabile, ma che non si è riusciti ad integrare meglio nella narrazione, alcune scene di sesso al meglio incomprensibili.

La narrazione non procede per spiegoni, questo va detto, ma per il semplice motivo che non c'è molta trama da imbastire. Personaggi di contorno a parte, e tralasciando una scena finale che, nonostante lo stacco improvviso, non si capisce perché dovrebbe trascinarci nel proseguimento della stagione, la linea orizzontale al momento è una sola, e nemmeno particolarmente accattivante. La regia ondeggiante di Neil Marshall – che ci era piaciuto tantissimo nella direzione del difficile Blackwater in Game of Thrones – probabilmente non è una scelta del tutto sbagliata per raccontare i momenti sulle navi, ma attenzione al mal di mare!

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